In Brasile non è raro che i bambini che sognano il Maracanã, anziché essere lasciati in pasto alle scuole calcio, inizino ad avvicinarsi al pallone per strada prima e attraverso il Futsal, o calcio a 5 se preferite, poi.
Non è stato diverso per Malcom che si è cimentato in questo sport fino all’età di 10 anni.
Poi basta.
Arriva un momento in cui le abilità tecniche e individuali affinate grazie al gioco di suola che caratterizza il Futsal diventano abbastanza sviluppate da poter dire: “ok, è ora di Fútbol”.
Malcom decide di effettuare un provino per entrare a far parte della squadra Under11 del Corinthians, uno dei club più prestigiosi del Brasile dove hanno giocato alcuni tra i più grandi campioni brasiliani di sempre.
Quel giorno al campo d’allenamento si presentano in 400.
Ne passerà solo uno.
Passerà soltanto Malcom.
Malcom, appunto, che al contrario di ciò che si vociferava qualche tempo fa a causa di una fake news, non è un nome ispirato alla nota sitcom statunitense dei primi anni 2000 (che poi si chiamava Malcolm, ma a qualche addetto ai lavori deve essere sfuggito) bensì, ben più comprensibilmente a Malcolm X, politico e attivista per i diritti degli afroamericani assassinato nel 1965 di cui il padre era grande fan, prima di abbandonare la famiglia costringendola ad un destino di miseria e povertà.
Povertà appunto.
Un’altra cosa che accomuna Malcom a molti altri bambini e calciatori provenienti dal Brasile è proprio la povertà.
Cresce infatti nella favela di Buraco Quente del Barrio di Vila Formosa, praticamente una delle zone peggio ridotte di São Paulo e la sua famiglia non può permettersi nemmeno i soldi per pagare i biglietti dell’autobus che avrebbe portato Malcom agli allenamenti. Fondamentale, per usare un eufemismo, diventa sua nonna Sonia che si mette a vendere casseruole per permettere al nipote di pagarsi i viaggi fino al campo che spesso condivideva con un altro predestinato, Guilherme Arana, suo grande amico che oggi gioca nel Sevilla.
Poi l’opportunità della vita: Mano Menezes chiede alla società di acquistare ‘el Chico’ Nilmar ma non viene accontentato.
Manca un attaccante, dunque.
E adesso che si fa? Non c’è soluzione.
Il mister è costretto a promuovere un giocatore delle giovanili in prima squadra e l’attaccante più forte, senza dubbio, era Malcom.
Prima ancora che Mano Menezes avesse il tempo farlo debuttare nel 2014, il giovane diamante di Villa Formosa aveva già addosso gli occhi dei più grandi club europei.
E forse non è un caso se l’anno successivo il Timão vincerà il campionato.
I paragoni con Robinho e Neymar, peraltro suoi idoli, non tardano ad arrivare così come non tardano nemmeno le offerte dall’Europa, sempre più insistenti.
Mentre Malcom semina le basi della sua carriera è la madre che si trova costretta a fare i compiti scolastici del figlio, troppo impegnato tra allenamenti e partite.
Ne varrà la pena.
E allora si vola a conquistare la Francia, scelta assai curiosa per un brasiliano della sua età che però non vuole bruciare le tappe come molti altri suoi coetanei.
È l’inizio di un sogno ancora tutto da vivere.
Oggi Malcom non deve più prendere l’autobus per andare agli allenamenti.
Male che vada gli darà un passaggio Leo Messi…
Fabio Perfetti.
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