“Mentre giocavamo potevamo pure assomigliare a una nazionale di classe, ma non è che l’eleganza ci appartenesse totalmente. O almeno, non a tutti noi: prendiamo Gattuso per esempio: è una bestia. Viene dal libro della giungla.
Personalmente io lo adoro, come se fosse mio fratello
Di solito apre l’armadio, si benda e sceglie i vestiti, ma in Germania è andato oltre. Alla fine della fase a gironi ha avuto l’illuminazione: fra le sue cianfrusaglie ha pescato una tuta dell’Italia e si è convinto fosse impregnata di una sorta di fluido antisfiga. L’ha messa e non l’ha più tolta, nel vero senso della parola. Purtroppo. Da quel giorno l’ha indossata sempre, senza mai lavarla. Ogni giorno la stessa. Fortuna che per allenarsi utilizzava i classici pantaloncini e la classica t-shirt fornita dallo sponsor, ma dopo la doccia ricominciava il disastro, annunciato urbi et orbi: “ragazzi mi vesto.
” Scendeva a cena e nulla era cambiato. Soprattutto lui non si era cambiato. Un giorno ci ha svelato un segreto ed è un miracolo che non ci sia venuto da vomitare: “Sapete una cosa? Me la tengo anche a letto, al posto del pigiama”. Dormiva vestito! Faceva un caldo maiale e Rino pareva un sommozzatore in inverno, tutto bardato e puzzolente. Anche in conferenza si presentava così. per quasi un mese non l’ha lavata, l’igiene era un’altra cosa. Certe volte al campo si sfiorava la rissa, perché quando si cambiava prima di iniziare gli allenamenti gliene facevamo di tutti i colori, prendevamo la tuta in ostaggio, portandola via dallo spogliatoio (turandoci il naso per evitare qualsiasi tipo di rischio). Impazziva, andava fuori di testa: “Dove minchia l’avete messa?”
“L’abbiamo bruciata Rino.”
“L’abbiamo sganciata su Hiroshima.”
“L’abbiamo spedita in Nevada, all’Area 51. Vogliono studiare se c’è vita, oltre alle ascelle.”
“L’abbiamo portata allo zoo, i maiali avevano finito il fango.”
Una sola domanda, mille risposte diverse. A Rino partiva la brocca, picchiava il primo che si trovava a portata di pugno (cioè io) e restava in mutande per un periodo piuttosto lungo, prima che ci intenerissimo e gli restituissimo la tuta. “State sereni, ci porterà lontano questa tuta.”
“Gattuso siamo noi ad allontanarci da te, puzzi che fai cascare.”
Era una goduria prenderlo in giro, non riusciva a trattenersi e le sue sfuriate erano uno degli spettacoli più divertenti di quel Mondiale. Senza Rino non riuscivamo a stare. Non fosse stato così, forse durante le lunghe giornata in hotel ci saremmo arresi alla noia. Era scaramantico a livelli imbarazzanti. Gran parte del tempo libero lui lo trascorreva a disfare e a rifare le valigie: prima di ogni partita, dagli ottavi in avanti, le rifaceva tutte: “Rino ma che fai?
“La valigia.”
“Ma dobbiamo stare via appena due giorni e ti porti via tutto?”
“Voi non capite proprio un cazzo. Questa è la valigia per tornare a casa e la lascio qui a Duisburg, in camera mia. In caso di sconfitta è già pronta.” Ha avuto ragione lui, i suoi gesti ripetitivi e scaramantici hanno funzionato. E allora amo immaginare i camerieri dell’Hotel di Duisburg, il giorno della nostra partenza, mentre rimettono a posto tutte le nostre camere tranne una, quella di Rino, che secondo me è stata rasa al suolo per via delle radiazioni emanate da quella tuta mai lavata…”
[Andrea Pirlo]
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