L’intervista esclusiva di Chefaticalavitadabomber con Cristian Pasquato. “I nostri tifosi sono unici e qui in Polonia si vive da dio! Mi manca l’Italia o meglio mi manca la mia famiglia”
Ciao Cristian ma cosa sei andato a fare in Polonia, un posto così lontano dall’Italia?
In realtà vorrei chiederlo io a voi cosa ci sono venuti a fare e chi me l’ha fatto fare.
Ma non c’erano squadre più vicine?
Ma no dai ragazzi non esageriamo non è dall’altra parte del mondo è a poco meno di 2 ore di aereo, quasi come andare da Venezia a Catania, un viaggetto piacevole diciamo.
Si vive bene in Polonia?
Si vive splendidamente, devo essere sincero. Città tutta nuova, io vivo in un quartiere completamente “ristrutturato”, un quartiere residenziale con tutti i confort. Unica nota stonata è un po’ il freddo che qui è davvero rigido.
I polacchi come lo vivono il calcio?
Vi dirò, la nostra squadra (Legia Warsavia) è molto seguita, diciamo che è un pò la Juventus italiana, quella che ha vinto più titoli nazionali, è sempre la squadra da battere, il nostro stadio è sempre gradito di gente e quasi sempre fa il tutto esaurito. Quando andiamo in trasferta anche la gente ci segue, altra cosa che accade quando siamo in trasferta è il non trovare mai gli stadi vuoti, mentre quando non ci siamo noi diciamo che l’affluenza è minore. Come ben saprete la nostra tifoseria è una delle più famose al mondo per via delle spettacolari coreografie che ci accompagnano prime di tutte le nostre partite casalinghe ed io posso assolutamente confermare il tutto perché ogni volta è un vero spettacolo.
Te ne hanno mai dedicata una?
No per ora purtroppo no, la vedo molto dura. C’è da dire che loro utilizzavano tanto le partite di Champions per dare il meglio di se, in quei casi davano veramente tutto, purtroppo in questi 2 anni non ci siamo qualificati per la Champions e quindi hanno usato la finale della coppa nazionale come scusa ed hanno fatto qualcosa di grandioso. Io vi consiglio vivamente di venire qui a vedere una partita.
Le tifoserie sono tranquille o tendono ad esagerare?
Generalmente sono tranquilli, non sono caldi come in Italia. Posso raccontarvi però di un episodio sgradevole successo lo scorso anno ai miei compagni. Un gruppo di tifosi li ha aspettati a fine partita ed è successo un piccolo parapiglia, dopo questo atto spiacevole per fortuna gli animi si sono calmati e si è tornati alla normalità.
Ti manca il calcio italiano?
Si dai un pochino mi manca però la cosa che mi manca veramente dell’Italia è la mia famiglia, ormai sono 3 anni che gioco fuori dal nostro Paese, tre anni fa ero in Russia e questo invece è il secondo anno che sono qui in Polonia ed ho affrontato tutti questi cambiamenti e spostamenti da solo. Tornando alla domanda che mi avete fatto prima vi dico di si, se penso alla serie A mi manca in maniera assoluta, però c’è da dire che io ho giocato molti anni in serie B e quella non mi manca così tanto perché posso affermare che qui il livello è più alto della serie B italiana. Qui si gioca sempre per vincere il campionato, coppe nazionali, e qualificarci per le varie coppe europee e gli stimoli sono completamente differenti, ed è una cosa che qualunque bambino che inizia a giocare e a fare sport sogna, il poter sempre competere per grandi obiettivi, perché nonostante tutto anche vincere un campionato qui non è mai facile, questo è un campionato”pazzo”, si può vincere o perdere con tutte, ad oggi le squadre che sono nelle prime posizioni sono le stesse che lo scorso anno battagliavano nella zona retrocessione e viceversa, quindi si può ammettere in tutta tranquillità che è un campionato molto “strano”. Qui non è propriamente “giocare a calcio” nel senso che il livello tecnico non è molto alto, è più un buttare la palla, battagliare su ogni pallone, un tipo di calcio molto più fisico, c’è da dire che nella nostra squadra c’è anche molta qualità ma in questo tipo di calcio solo la qualità non basta devi mettere sempre la gamba e non tirarla mai indietro.
Noi ci ricordiamo di te ai tempi in cui giocavi in Italia e secondo noi, in serie A,ci potresti stare alla grande.
Vi dico ragazzi, la mia avventura qui non è che vada alla stragrande perché in questo anno e mezzo purtroppo non ho giocato molto, sto un pochino soffrendo la troppa fisicità di questo campionato. Io non sono mai stato un giocatore fisico, ho sempre fatto della tecnica la mia arma migliore. Quando le altre squadre ci trovano fanno sempre la partita della vita, noi qui siamo la squadra da battere e allora capita che le altre squadre siano un po’ più cattive che in altre partite.
Qual era il tuo sogno da bambino?
L’unico mio sogno è sempre stato solo quello di arrivare a giocare in serie A. Sono davvero nato con la palla tra i piedi, da quando avevo 3 anni la mia unica passione è sempre stata quella, in casa giocavo con palline di carta, con qualunque cosa si potesse calciare, è sempre stata una mia passione unica e sfrenata. La serie A l’ho praticamente solo accarezzata perché in 10 anni che ho giocato in Italia ci sono stato solo 2 anni, ma non nascondo che mi piacerebbe tornare per poter giocare ancora le ie carte. Oggi ho 29 anni, sono un giocatore ed una persona più matura e quando hai la testa da ventinovenne capisci molte cose che fin quando sei giovane non puoi concepire. La differenza tra i giocatori normali ed i campioni sta tutta lì, nella testa.
Ad oggi se tu potessi tornare a giocare in Italia c’è qualche squadra che t’ispira più delle altre oppure un allenatore da cui vorresti essere allenato?
L’allenatore che più stimo oggi per l’idea di calcio che propone è senza dubbio De Zerbi, poi è scontato fare i nomi di Guru del calibro di Allegri e Ancelotti.
Segui il campionato italiano?
Si si ragazzi non scherzate, da qui seguo tutto campionato di serie A, B, C, non mi perdo una partita.
Che squadra tifavi da bambino?
Io da piccolo ero Milanista, poi però in giovane età sono andato alla Juventus e quando entri a fare parte di quel mondo impari a vivere, e ti creano come persona, come giocatore, la “juventinità” diventa uno stile di vita, quindi oggi simpatizzo per la Juventus.
Tu che sei stato in molte squadre, qual è la differenza tra un top club tipo la Juventus e le altre squadre?
Io la Juventus la venero. A me la Juve sin da bambino mi ha dato tutto, mi ha insegnato a stare al mondo, mi ha fatto studiare, mi ha insegnato cos’è il calcio, quello vero. Mi ricordo gli anni in cui l’allenatore era Conte e si lavorava veramente tantissimo però poi i risultati si sono visti e da lì è iniziato il ciclo degli 8 scudetti. La Juventus è uno stile di vita in generale, sotto tutti i punti di vista, non c’è nulla idi più in Italia, tant’è che oggi si giocano l’Europa con i top club europei.
Chi era il tuo giocatore preferito da ragazzino?
Un nome su tutti senza alcun dubbio, Alessandro del Piero.
È da lui che hai imparato a calciare le punizioni?
Si dai diciamo di si, anche se credo che sia anche merito di madre natura, poi mi piace calciare e quindi per riuscire sempre meglio mi alleno tutti i giorni. In questi anni ho avuto l’onore di allenarmi con Del Piero ma anche con il maestro Andre Pirlo.
I campioni come Del Piero, Pirlo, Nedved, come si comportano nei confronti dei giovani calciatori?
Negli anni in cui ho giocato alla Juventus non mio mai trovato persone presuntuose o “stronze”, credo sia dovuto proprio al fatto di come la Juve ti fa crescere, lì ti senti all’interno di una famiglia e i grandi campioni aiutano i più giovani sempre, ed ognuno morirebbe per i suoi compagni. Io credo che loro addirittura siano felici nell’aiutare nuovi calciatori, ragazzi a diventare uomini e futuri campioni. Influisce molto anche l’atteggiamento dei giovane in questione, perché se lui non ha voglia di imparare, ascoltare allora i “vecchi” sanno anche essere stronzi.
A quanti anni hai iniziato a giocare nella Juventus?
Io sono andato alla Juventus a 13 anni, prima ero al Montebelluna. Quando mi ha acquistato la Juve ero giovanissimo e le richieste non sono arrivate solo da loro ma anche da Milan ed Atalanta, però quando sei così giovane non tirreni conto di dove stai andando e di quello che ti sta succedendo. Quando arrivi lì e inizi a vedere gli allenamenti della prima squadra, cresci, inizi a vedere tutti quei campioni che si allenano, allora, inizi a capire quello che ti sta succedendo. Andando avanti con gli anni arrivi a fare gli allenamenti con la prima squadra e allora inizi a pensare che quella potrebbe diventare la tua professione.
C’è qualche tuo compagno che in allenamento è un fenomeno mentre durante la partita se la fa sotto?
No dai anche perché qui abbiamo un impegno solo la settimana e quindi i giocatori si impegnano sia in allenamento che in partita.
Tu, già lo scorso anno hai militato nel campionato polacco e quindi hai giocato contro Pjatek. Puoi dirci qualcosa in più su di lui?
Si si certo ma devo essere sincero, di lui proprio non ricordo nulla (ahahahah), cioè lo dico che era un giocatore normale, nessuno qui parlava delle sue doti o cose simili. Si lo vedevo sempre nel gabellino marcatori ma ad esempio quando ha giocato contro di noi non mi ha impressionato.
Pensi mai a cosa farai a fine carriera?
No nella maniera più assoluta. Dentro di me spero che questo momento arrivi il più tardi possibile perchè davvero ad oggi non ho idea di cosa poter fare, anche perché credetemi il mondo del calcio è uno strano mondo, davvero difficile, tutti pensano che la vita del calciatore sia tutta rosa e fiori ma in pochi sanno davvero cosa ci sia davvero nel mondo del calcio. il lavoro quotidiano, le pressioni, i tifosi, la gente pensa solo allo stipendio che un giocatore prende, alla macchina bella, ma la realtà è diverso. Io dico sempre che su 10 punti solo 2 sono quelli belli ma le persona non sanno il cammino che gli atleti devono fare per arrivare a tutto questo, ai sacrifici. Io ad esempio all’età di 134 anni sono andato via di casa a vivere in un albergo da solo senza la mia famiglia e quell’età nessun bambino dovrebbe stare lontano dalla propria famiglia. Oggi sono 3 anni che faccio sacrifici stando lontano da mia moglie, dai miei figli e lo faccio per inseguire quello che è il mio sogno, la gente pensa che i soldi possano colmare tutto ma in realtà nessuno mi potrà mai ridare i 5 anni che ho vissuto lontano dalla mia famiglia, non poter vedere i miei figli crescere. Pensate anche solo al ruolo dell’allenatore, è difficilissimo, devi avere grande dialettica, quelli che metti titolari sono tuoi amici mentre molto spesso quelli che tieni in panchina non possono vederti, quindi ti ritrovi con uno spogliatoio che non sempre ti ama, è davvero un ruolo difficilissimo. Vedremo, sicuramente mi farebbe piacere poter restare nell’ambito calcistico ma non ho ancora chiaro il ruolo che mi piacerebbe ricoprire, magari insegnerò ai più giovani come si calciano le punizioni. Credo che lavorare con i bambini mi piacerebbe anche se non sarebbe comunque una cosa semplice.
In quale squadra russa hai giocato?
In Russia ho giocato nel Krylya Sovetov Samara, non fatemi domande su dove sia perché pur avendoci giocato non ho mai capito dove fosse (ride), no no dai scherzo è stato una bellissima esperienza, anche quella difficilissima perché sono partito e a casa c’era una bambina piccola e mia moglie ad aspettarmi però nella vita bisogna fare delle scelte e questa scelta, quella che poi mi ha portato anche qui in Polonia, l’ho fatta sia per il mio futuro sia per quello della mia famiglia. In Russia però mi sono tolto qualche bella soddisfazione, all’inizio non giocavo poi il mister ha creduto di più in me ed in 4 mesi ho fatto 5 gol e 10 assist quindi la reputo un’esperienza più che positiva.
Come mai hai deciso di andare via all’Italia?
Avevo appena vinto il campionato con il Pescara quindi un pochino mi sembrava giunto il momento di cambiare qualcosa della mia carriera, improvvisamente è uscita questa possibilità e dentro di me mi sono detto perchè fare un altro anno di Serie B, proviamo a fare qualcosa di nuovo. É stata una decisione un po’ pazza ma ad oggi, nonostante sia dura, ringrazio me stesso per averla fatta perché mi ha fatto maturare non solo a livello calcistico ma anche a livello umano e mi ha aperto la strada verso il Legia che è una squadra molto blasonata.
Tu ti rivedresti bene in serie A?
Beh se lo chiedete a me vi dico assolutamente di si, poi però per arrivare in serie A ci sono molte componenti, una di queste paradossalmente è quello di avere anche solo la possibilità, è difficile arrivare in serie A. vi dico una cosa che vi sembrerà strana ma la serie A secondo me è più facile da giocare piuttosto che la B. Nella massima serie ci sono più spazi, più tecnica mentre in B è un calcio più fisico e meno tecnico. Io mi ricordo gli allenamenti che facevo con la Juve, erano degli allenamenti incredibili, di una qualità e intensità pazzeschi, ma tutto ciò era possibile perchè avevi degli interpreti che erano fenomenali e tutto veniva facile. Io mi auguro di avere un’altra chance perché io ne ho avuta una soltanto e quindi spero di poterci arrivare ancora per potermi giocare appieno tutte le mi e carte e infatti lavoro tutti i giorni per arrivarci, anche perché io mi sento ancora giovane, ho 29 anni e mi sento pronto. Pochi giorni fa mia papà mi ha detto una grande frase: “La gente si ricorda chi eri ma oggi non sa più chi sei” ed ha ragione, molta influenza ce l’ha il fatto che sono andato all’estero benché io sia in una società molto importante, sto bene, ma lui ha detto delle cose vere e infatti io mi alleno tutti i santi giorni per poter tornare. Se tornassi indietro a quando avevo 20 e mi avessero chiesto all’ora di andare a giocare all’estero avrei detto di no, invece, con la testa di oggi che di anni ne ho quasi 30 direi al ragazzino di 20 ani, che piuttosto di farsi 1 anno di serie B di andare in giro per il mondo a farsi diverse esperienze calcistiche, perché solo così ti puoi aprire a vari mercati, un esempio su tutti è sicuramente la scelta fatta da Giovinco. I Italia sappiamo tutti come funziona, la mentalità italiana che troppo spesso non si punta sui giovani. Ad esempio qui in Polonia dal prossimo anno ci sarà l’obbligo di mettere un under 21 titolare in campo mentre in Italia ad oggi è impossibile, anche in Russia c’è la regola che 4 giocatori russi devono sempre essere in campo, solo così si crea qualcosa di innovativo altrimenti è un sistema in cui i giovani saranno sempre messi ai margini.