La giovinezza è l’incontro tra l’onnipotenza e la realtà.
Il periodo della vita umana in cui tutto è possibile, in cui, se non hai le possibilità, semplicemente te le crei. Essere giovani equivale un po’ all’essere dei supereroi, senza mantelli e gadget fighi.
Per questo, se ti chiamano ‘El Ninho’, qualcosa di speciale devi pur averlo. Biondo, biondissimo, lentigginoso il giusto, Fernando Torres cresce col pallone tra i piedi. Impara a palleggiare prima che a parlare, anche se fonti attendibili riportano come, appena uscito dall’utero materno, abbia esclamato, con vocina stridula ‘Atletico’. Quasi ad accettare un destino che pareva scritto. La prima frase, beh, neanche a chiederla. “Io odio il Real Madrid”. Quando nasci Colchonero, non puoi morire blanco. A 18 anni in molti di noi hanno fatto le cazzate più grandi (e più belle della propria vita). In Italia oggi ti sganciano 500 euro per farti distinguere un quadro di Van Gogh da uno di Gaugin. Beh, a 18 anni il Ninho esordiva in Liga, e appena un anno più tardi era capitano del suo Atletico. 7 stagioni come beniamino del Calderon. Gol, tantissimi, bellissimi, levissimi. Per 5 annate il leader realizzativo dei suoi. Inezie. Emozioni troppe, per lui e per i tifosi. A un certo punto però realizzi che vuoi vincere qualcosa, e allora il cuore lo metti in silenzioso.
La consacrazione europea
Arriva il Liverpool, la consacrazione europea, i gol non mancano mai, e neanche il sorriso da ragazzo che è al suo primo allenamento nella squadra dell’oratorio. Torres ormai è tra i top centravanti europei, per molti il migliore, ma la fame, la determinazione e l’entusiasmo non li perde. Ogni storia ha il suo lato oscuro. Arrivano gli anni del Chelsea e del Milan, una forma sempre più lontana da quella di Madrid, un sorriso che non c’è più. I gol cominciano a scarseggiare, ed è difficile segnare se stazioni tra panchina e tribuna. Poi ti ricordi che ti chiamano ‘El Ninho’, che la felicità viene prima di tutto, e che il sorriso non lo avresti mai voluto perdere. E allora… E allora il destino è dalla tua parte. Milano ti sta stretta. È bella, ma la tua Madrid è proprio un’altra cosa. Il destino vuole che tale Alessio Cerci da Velletri (o meglio, la sua bellissima moglie) la pensi in maniera opposta, e il gioco è fatto. Cerci al Milan, Torres all’Atletico. Al cuore non si comanda. E per fortuna. A molti scende una lacrima nel rivedere rari sprazzi di quel Torres che saltava avversari come birilli con la maglia Rojiblanca. Questi (e molti altri) ieri sera avranno fatto strage di fazzoletti. Un gol, movimenti perfetti, e il sorriso, quello sempre. Leverkusen annichilito, passaggio ai quarti di Champions ipotecato. Sempre con la stessa maglia. Sempre con la stessa felicità, quella da Ninho. E scusate se è poco.
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