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Batistuta: curiosità, aneddoti e record

Batistuta Totti

“Per me non esiste e non esisterà un altro numero nove come Batistuta”. (Diego Armando Maradona)

Batistuta: “Con Buffon ho fatto fatica”

Batistuta: “Sarebbe facile dire Buffon, però io ho avuto in squadra uno che se non è stato il più forte del mondo, ci è andato vicino che è Francesco Toldo, un grandissimo portiere. È arrivato che era un ragazzo alla Fiorentina è andato via da signore. Un grande portiere, ma che giocava con me. Con Buffon, invece, ho fatto più fatica. Soprattutto all’inizio quando era a Parma, era impressionante, non riuscivo a segnargli. Poi mi sono ripreso”

Costacurta sulla punizione a due in area di Batistuta contro il Milan ha dichiarato:

“Io e Maldini eravamo accanto in barriera, quando Batistuta colpì il pallone non facemmo a tempo a muoverci che la palla era già dentro. Dopo ci guardammo e pensammo: Se ci prende la testa ce la stacca”

Alessandro Costacurta

Batistuta e i suoi record

Un giocatore che in carriera aveva un solo obiettivo: gonfiare la rete.
Detentore del record di goal consecutivi in Serie A, insieme a Ronaldo e Quagliarella.
Secondo miglior marcatore della storia dell’Argentina dietro a un certo Messi.

Capitano della Fiorentina, uomo scudetto della Roma, il Re Leone risponde al nome di Gabriel Omar Batistuta per gli amanti del calcio Batigol.

Qualche anno fa quando giocavo ai videogiochi non titubavo mai. Nell’amichevole di lusso sceglievo sempre Resto del Mondo; per giocare neanche a dirlo con un attacco inedito:
Ronaldo per la Skill dribbling,
Roberto Carlos per la velocità,
e Batistuta, lo sappiamo tutti, per la sassata che aveva in quel piede.

Sia con palla in movimento che da calcio piazzato, lui aveva un solo obiettivo: frantumare la rete. Tranne quella volta che per segnare mirò la testa di un giocatore.

@chefaticalavitadabomber

[LINK IN BIO] Fuori ora la prima puntata del podcast con Gabriel Omar Batistuta #tiktokcalcio #sportazzurro #batistuta

♬ suono originale – CFVB

Quel gol, quel giorno consegnò la Supercoppa Italiana alla Fiorentina. Ma voltiamoci insieme e guardiamo indietro a quel ragazzino che al calcio preferiva altri sport. Da Walter Samuel a Jorge Valdano passando per Carlos Tévez e se siamo qui, oggi, lo dobbiamo allo scopritore di talenti Jorge Griffa.

Gabriel Omar Batistuta da piccolo aveva le idee chiare, non voleva giocare a calcio e poi qualcuno gli aveva detto che il calcio era pericoloso.
Una volta decise di non presentarsi all’allenamento e fu proprio Griffa ad andarlo a prendere a casa per portarlo al campo.

Il comportamento non piacque nemmeno a Osmar, suo padre, che gli spiegò che gli accordi dovevano essere rispettati.
Educazione che qualche anno dopo servi a chiudere i rapporti con O’Animal, per i disattenti Edmundo.

Ma Batigol voleva finire gli studi e passare la sua vita con Irina la futura moglie e madre di tre figli conosciuta all’età di 15 anni.
Dal Newell’s Old Boys (club del cuore di Marcelo Bielsa) fino alla tribuna con il River Plate, allenato da Passarella, e al successivo trasferimento nel 1991 al Boca Junior di Tabarez.

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Oscar Tabarez il crocevia per la carriera del futuro Re Leone.

Fino a quel momento, Gabriel, era un esterno alto ma il mister decise di metterlo là davanti a fare sportellate con i difensori, a buttarla dentro ogni volta che la palla arrivava sui suoi piedi. E che fosse dentro l’area o a 30 metri di distanza non faceva differenza.

Copa America 1991

Arriva il periodo della Copa America 1991. Nel girone con l’Argentina ci sono Paraguay, Perù, Venezuela e i padroni di casa del Cile.
Gabriel la butta dentro 4 volte in 3 partite, restando a secco solo contro il Perù. Doppietta e gol pesanti che aiutano l’albiceleste a qualificarsi prima nel girone, dall’altra parte a comandare c’è la Colombia seguita dal Brasile al secondo posto.

Nel girone finale composto da Brasile, Argentina, Cile e Colombia il passo falso e della Seleção che perde il match proprio contro i ragazzi di Alfio Basile. Bati va a segno altre 2 volte in 3 partite, restando a secco solo nel pareggio contro il Cile che già aveva purgato nel girone inaugurale. Batistuta con 6 gol diventerà capocannoniere del torneo davanti a Zamorano con 5.

ll volo di sola andata per l’Italia

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La vittoria della Copa America e il titolo di miglior marcatore del torneo sono il biglietto di sola andata per l’Italia.
Cecchi Gori tira fuori 12 miliardi di lire per portarlo in quella che sarà la sua nuova casa per nove lunghissimi anni.

Quando a 22 anni guardi la tua bacheca con sopra un campionato argentino, una coppa America vinta da protagonista, inizi a renderti conto di essere diventato un giocatore. Un’età in cui sei considerato un ragazzino e non di certo un uomo ma non per Batistuta che farà fatica ad ambientarsi. El Camion, così era soprannominato, arrivò a Firenze che non aveva sulle gambe nemmeno 10 anni sui campetti della periferia Argentina. Ma la doppia cifra nei primi due anni arrivò in totale serenità, nonostante la retrocessione ottenuta nel secondo anno con i gigliati. La terza stagione di Bati in Italia stava iniziando e lo stava per fare nel campionato di serie B che vedeva giocatori come Enrico Chiesa al Modena, Gheorghe Hagi al Brescia poi promosso, con Vieri al Venezia, Bierhoff all’Ascoli e Pippo Inzaghi al Verona. Con il ritorno in Serie A Gabriel tocca l’apice della sua carriera individuale: capocannoniere con 26 goal.

Ma la viola è ancora acerba, ma non proprio in tutti i reparti. Perché in attacco c’è il Re Leone e a difendere la porta un certo Francesco Toldo. Passano i mesi e la squadra con timone Claudio Ranieri arriva dietro solo a Milan, Juventus e Lazio. Raggiunge l’Atalanta in finale di Coppa Italia eliminando l’Inter in semifinale. Tripletta all’andata e gol ritorno di quello che ormai è soprannominato il Re Leone.

Il litigio con Edmundo

Il 18 maggio 1996 alza sotto il cielo di Bergamo il suo primo trofeo in maglia viola con altri due goal tra andata e ritorno. Solo tre mesi più tardi arriva in bacheca anche il suo secondo titolo in Italia, la Supercoppa. A Malesani subentra Giovanni Trapattoni con una rosa che ormai è matura. Può combattere con le grandi e nelle prime 17 giornate di serie A l’argentino la butta dentro 17 volte, prima di infortunarsi al ginocchio. Ma Batigol è uno tosto, resta a bordocampo e decide di rientrare per aiutare quella che ormai era la sua squadra, la sua città. Ma il ginocchio era rotto e sul lungo lancio cede ancora e Bati è obbligato uscire. Lo fa nel peggiore dei modi: in barella.

Prima il danno e poi la beffa. Il tradimento è vicino. Nella stessa settimana, Edmundo, decide di partire per il carnevale di Rio. Il Re Leone si sente tradito e non è uno che le manda a dire e taglia ogni rapporto con O’Animal.

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Una ferita che rimarrà aperta per sempre nel cuore del numero nove anche quando Edmundo, qualche anno più tardi, si ripresentò per scusarsi. Può sembrare un tipo duro ma è la stessa educazione che vuole dare ai suoi figli:


“È vero ai miei figli potrei comprare qualsiasi cosa ma la gente li ammirerebbe?
Non sarebbe frutto dei loro guadagni, non sarebbe veramente sua. Solo con i soldi guadagnati con il lavoro posso regalare a mio figlio la dignità. Così guiderà un’auto frutto del suo lavoro, comprata con i suoi soldi. Non c’è paragone con la soddisfazione che avrà”

Un comportamento severo ma giusto.

Le lacrime, il record e il passaggio alla Roma

I titoli di coda di uno dei più bei film di Cecchi Gori, nel 2000, sono vicini. Giusto il tempo di spaccare la porta a Wembley, contro il Manchester United con uno dei suoi colpi migliori: un colpo di bazooka da 30 metri

Il 14 maggio 2000 stende il Venezia, con una tripletta, che gli consente di diventare il miglior marcatore della storia della Fiorentina in serie A. Il popolo viola capisce che la fine del loro rapporto è ormai vicina, quando scoppia il lacrime dopo aver buttato dentro l’ultima palla con la viola. Nell’estate del 2000 Batistuta approda alla Roma, a fronte di un esborso di 70 miliardi di lire. Mai un giocatore che aveva superato la soglia dei 30 anni era costato così tanto. Ma il numero nove dei giallorossi era già sulle spalle di Montella che non ne voleva sapere di cederlo. Così Batigol indossa la numero 18 alla Roma di capello.

Ma lui non sembra patire il cambio numero e nelle prime sei giornate è già quota sei gol. Per vincere uno scudetto, si sa, non servono solo i numeri ma soprattutto il gruppo.

I risultati in campo arrivano, fuori invece è tutta un’altra storia:

Il 26 novembre con un colpo dei suoi punisce il suo vecchio amore e scoppia lacrime. Il 17 giugno del 2001 nell’ultimo match di campionato, in casa contro il Parma vinto per tre a uno Batistuta va in rete per la 20ª volta in 28 presenze e corona il sogno di una vita: alza il cielo il suo primo e unico scudetto in Italia.

L’anno dopo sceglie la maglia numero 20, come i goal fatti la stagione precedente. Ma altri titoli di coda sono in arrivo.
Nel gennaio successivo si trasferisce a Milano, sponda nerazzurra incidendo poco e restando solo fino al termine del campionato, prima di firmare per la squadra di Doha l’Al Arabi. Collezionando 25 gol con le 18 partite, conquista il titolo di capocannoniere e la scarpa d’oro come miglior giocatore dei campionati asiatici.

L’infortunio alla caviglia nella stagione seguente mette la parola fine alla carriera del Re Leone. Pur di guarire dal dolore alla caviglie ha pensato estremi rimedi e ha dichiarato:

“Non riuscivo più ad alzarmi dal letto, pur avendo il bagno 10 metri, urinavo a letto perché non avevo la forza di alzarmi. Vidi Pistorius e pensai che quella era l’unica soluzione: ampurtarmi le gambe. Dopo un’operazione fortunatamente è andato tutto per il meglio”

Una ripresa lunga e dolorosa che gli ha permesso però anche di tornare a vivere una vita normale e di giocare.
Il ruolo più brutto nel calcio? Quando dall’altra parte trovi uno come Batistuta che non si limita a scendere in campo ma a massacrarti.

Rui Costa ha dichiarato:

“Aveva una carica addosso incredibile. Si sedeva al suo posto, negli spogliatoi, baciava la fascia da capitano e cominciava massaggiarsi i polpacci. Prima di scendere in campo usava sempre la stessa frase che però faceva effetto su di noi: MASSACRIAMOLI.
Prima delle partite contro la Juventus non dormiva. Ci diceva sempre: se vedo che qualcuno non dà il massimo gli spacco il muso. Ci teneva più dei suoi stessi tifosi. Con lui sembrava che stessimo per andare a fare la guerra, con lui era così, solo che noi non avevamo armi a portata di mano, lui invece si aveva un bazooka in quel piede destro”

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