Erano i mondiali più caldi mai disputati, 32 gradi in ogni partita e noi, l’Italia, quei 32 gradi li stavamo accusando tutti. Eravamo già fuori, erano gli ottavi e noi eravamo già a casa. Maledetta Nigeria.
88 minuti di nulla calcistico, da farci disinnamorare di questo sport.
I giornalisti in tribuna hanno già gli articoli pronti, scritti. Loro, più disillusi di noi.
Poi, la luce.
Una luce più luminosa del sole di Boston. Più luminosa di qualsiasi altro numero 10 che io abbia mai visto su un campo da calcio. Una luce che ci irradia e ci scalda come una speranza improvvisa che non ti aspetti.
Baggio.
Ci salva Baggio.
Ci prende per mano come fossimo 54 milioni di bambini e ci porta al luna park.
Gol.
I giornalisti appallottolano gli articoli e li buttano nel cestino. Sono da riscrivere. Come è da riscrivere la nostra storia.
La leggenda dice che dopo il gol, Roberto guarda verso le tribune e vede, tra 80.000 persone, sua moglie e i suoi genitori appena entrati, in ritardo, allo stadio.
Sono in ritardo come lui. Ma da questo momento Baggio non ci abbandona più, non ci lascia più soli in quell’estate del ’94.
Come lui, solo Maradona ha rappresentato un popolo intero in un mondiale di calcio. Che sport meraviglioso. Grazie Divin Codino, sei stato il giocatore che più ho amato nella mia vita.
Auguri Roberto, come ti chiamava Pizzul in telecronaca.
Buon compleanno.
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