Per Antonio Cassano da Bari Vecchia, era una specie di padre sportivo. Si chiama Antonio Tonino Rana e in Puglia è un’ istituzione: capeggiava la Pro Inter, società benemerita perché fa settore giovanile, nel rione Carbonara.
Campo centrale in erba e campetto laterale in terra battuta. «In sabbia di fiume – precisa Rana – che è cosa diversa perché se cadi non ti sbucci». Chiaro…
Cassano, lo avrete capito, è cresciuto nella Pro Inter. «Arrivò qui che aveva 7 anni e lo esaminai per le insistenze di sua mamma e suo zio. Non avevamo formazioni per bimbi così piccoli, però visto che “rompevano” dissi: “Vabbé, diamo un’ occhiata”». Cinque minuti bastarono: «Mise insieme una serie impressionante di palleggi. Un tocco di palla pazzesco. Così mi venne quasi spontaneo esclamare: “Fermi tutti, ‘ sto bambino si ferma con noi anche se non abbiamo la squadra adatta”». I palleggi del giovane Cassano sono diventati una leggenda dei vicoli di Bari Vecchia…
Cresciuto di età e alle prese con i primi campionati giovanili, Antonio divenne l’ attrazione dei campetti di Bari e dintorni. Rana: «Era un fenomeno, cercavo di contenerlo e non ce la facevo. Segnava gol a caterve, faceva piangere avversari… Ma anche i compagni. Era un mariuolo. Gettava nel water le scarpe dei compagni e una domenica bucò uno a uno i fondi dei bicchieri di carta che avremmo usato per il pranzo, a tavola si scatenò l’ alluvione…» Aneddoti a raffica su Cassano e le cassanate: «Una domenica Antonio si annoiava, aveva segnato troppo e così, quando ci fischiarono una punizione dal limite a favore, urlò alla panchina: “Mister, stai attento, perché colpisco l’ incrocio dei pali”. Detto e fatto e quando gli chiedemmo il motivo di quella cosa rispose:
“A fare gol sono capaci tutti, la porta è grande, più difficile è prendere i legni”».
Incontrollabile, irridente, il baby Cassano si divertiva così. «Ha giocato sempre con ragazzi di due anni più grandi di lui – afferma Vincenzo Tavarilli, che lo ebbe nei Giovanissimi – Negli spazi stretti, non aveva rivali: lo schieravo a sinistra, dietro due attaccanti e regalava spettacolo. Chissà dove è finito Biancofiori, classe ‘ 81, centravanti che sfruttava gli assist di Cassano: quell’ anno, segnò quasi 70 gol!» Peppino Orlando, altro suo allenatore nelle giovanili, ricorda: «Aspettava gli avversari per fare un altro tunnel, finendo per irritarli. Poi vedeva un portiere fuori dai pali e mi gridava: “Mister, guarda come è piazzato male: così è troppo facile fargli gol” e puntualmente segnava.» Negli Allievi Nazionali Angelo Carella instaurò un grande rapporto con Antonio ed è lì che inizia a farsi conoscere.. Anche fuori Bari.
«Andiamo a Trigoria per affrontare la Roma e lui, davanti a 2.000 persone, delizia con colpi da vero fuoriclasse. A fine gara, si avvicina un ragazzo e mi fa: “Ao mister, scusi, ma chi è ‘ sto ragazzino?” Risposi: “Un tipo forte come te” e me ne andai ridendo… Quel tipo era Francesco Totti.» Capito il destino…
«Era un alieno, imprendibile, quasi sconvolgente. E poi era di una furbizia incredibile. Per lui era inconcepibile finire la partita senza fare i tunnel e un giorno, infilato così un difensore che non gli stava molto simpatico, si voltò e gli urlò pure: “E chiudi quelle gambe, non fare come tua madre”. Immaginate. Ne venne fuori un putiferio indescrivibile…»
Un putiferio come la sua carriera, fatta di pochi alti e tanti bassi, ma quella di Fantantonio, è indubbiamente la storia di uno dei più grandi rimpianti del calcio italiano… Forse il più grande.
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