“Tutti stavamo sentendo la musica o giocando a carte. Era un volo tranquillo. Poi si spensero tutte le luci e ci fu un lungo silenzio. Gli assistenti di volo non ci davano informazioni, soltanto un addetto passó e ci disse di allacciare le cinture perché stavamo per atterrare in quel momento. Cominciammo a cadere, non ci sono tante persone sulla terra che possono raccontare di aver vissuto un momento del genere. Il secondo prima stai viaggiando per conquistare un sogno, l’attimo dopo stai precipitando dal cielo e non puoi fare niente. Non puoi correre, non puoi piangere, non puoi chiedere aiuto, non hai tempo di chiederti cosa stia succedendo. Ti devi solo affidare a Dio. Mi sono svegliato nel bosco, faceva freddo, era buio. Ho iniziato a chiedere aiuto. Non so quanto tempo passai in quel bosco. A un certo punto vidi una torcia “Policia Nacional! Policia Nacionall!” Avevo perso il piede destro. Entrai in coma per 4 giorni. Quando venni a sapere che i miei compagni erano morti provai una tristezza infinita. La mia famiglia mi disse che non avrei potuto più giocare a calcio. La mia reazione fu positiva: meglio perdere una gamba che la vita.”
[Jakson Follman]
Due anni fa, la Chapecoense doveva affrontare l’Atletico National per la finale della Coppa SudAmericana ma l’aereo non arrivò mai a destinazione. Sul volo la Mia Flight 2933, partito dalla Bolivia,persero la vita 77 persone: giocatori,allenatore, staff tecnico e medico,ospiti e giornalisti. Si salvarono solo in 6.
Due anni fa si verificò una delle tragedie più grandi nel mondo del calcio.
Forza Chape per sempre.
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