Passi il gesto di Mourinho, insultato per 90 minuti da uno stadio intero.
Passi la soddisfazione di mezzo Paese, quello antiJuve, nel vedere tale gesto, ricamandoci sopra sfottò vari e pensieri al limite del filosofico.
Passino le sconfitte, pesanti, di chi quegli sfottò s’era fatto portavoce a petto gonfio.
Passino le critiche ad un portiere, un allenatore e una squadra intera che finora ha raccolto 34 punti su 36 in campionato (record) ed ha 9 punti su 12 in Champions, è prima nel suo girone ed ha espresso un calcio bello e propositivo (per gli amanti del tanto adulato bel giuoco) per quasi i 360 minuti circa giocati finora.
Ciò che non può passare, per l’ennesima volta, è l’insopportabile gogna mediatica di addetti a lavori e non, che, al pari del più becero tifoso (e chi vi parla è un tifoso appassionato e speranzoso di assistere a ben altro spettacolo una volta “dissotterrata l’ascia di guerra”) concentra tutto il suo sforzo in una direzione ben precisa, che proprio bene non fa (per usare un eufemismo) ad una società, la nostra, frustrata da problemi ben più gravi e che sfoga e riversa i propri veleni e le proprie insoddisfazioni nel calcio.
È la direzione del sospetto e della polemica, ad oltranza anche quando forse non servirebbe (il più delle volte quel forse è appunto superfluo) e che incita lo spettatore medio italiano a un odio (ormai neanche più tanto represso, ma libero di trovar sfogo) sempre più crescente e “giustificato”.
Ma torniamo per un attimo al calcio giocato.
Il riassunto della partita di San Siro dice che la Juventus, in vantaggio dopo appena 8 minuti con Mandzukic, ha espugnato la casa del Milan quasi senza troppa fatica, dando l’dea a volte di “passeggiare” in campo e di specchiarsi (quella sensazione di superiorità che bene non fa ai bianconeri) troppo, rischiando a più riprese di essere riagguantata da un avversario un po’ disorganizzato (sarebbe comico non ammettere che hanno pesato le tante assenze per una squadra che non possiede ancora due rose competitive), soprattutto al minuto 37 del primo tempo, quando Mazzoleni è stato richiamato al VAR a giudicare un mani di Benatia in area.
Grande stop a seguire di Higuain da distanza ravvicinata, cambio di direzione del pallone e mani del difensore marocchino: rigore giusto. Benatia non viene ammonito. Higuain s’incarica della battuta, col veleno negli occhi di chi è stato scaricato ingiustamente dopo aver regalato tanto amore, e sbaglia. Szczesny si distende e para.
Dopo giorni di critiche per gli errori (fisiologici, errare humanum est) di mercoledi, arriva il riscatto: nel frattempo non una parola fuori posto. Rigore parato e punteggio salvo. Come a ricordare la mentalità che contraddistingue la squadra per cui gioca e che, una parte di tifoseria, molte volte, purtroppo, dimentica.
All’ 81 esimo Ronaldo chiude virtualmente la partita, dopo un errore banale di Laxalt in uscita.
Nemmeno 2 minuti dopo Mazzoleni fischia un contatto aereo tra Higuain e Benatia, con l’argentino reo secondo l’arbitro di aver allargato un po’ il braccio. Giallo, con conseguente scenata del Pipita. Inutile dire quanto ha fatto male a tutto il popolo juventino vedere esplodere in maniera cosi feroce la frustrazione di un giocatore che ha dato tanto alla causa e a cui si può dire solo “grazie”. Ed è anche poco.
Il secondo giallo (e la conseguente espulsione) è sacrosanto. Scenata ingiustificata per un giocatore del suo livello (non è purtroppo neanche la prima) ma comprensibile per il tipo di serata e per quello che tutti sappiamo esserci dietro. Le scuse a fine gara sono comunque la dimostrazione di una maturità raggiunta dal ragazzo, che non merita una lunga squalifica.
La partita si chiude sullo 0-2, ma ovviamente in Italia la “vera” partita (secondo “loro”) comincia appena dopo il fischio finale.
Sul web e sui media tradizionali incalzano le polemiche e le accuse per il secondo giallo non dato a Benatia sul rigore. Inoltre (aggravante, non si capisce bene perché, ma è un’aggravante) si è poi dato il rosso ad Higuain. Per completare l’opera ecco ripresi un paio di contatti in area (di quelli che quando succede al contrario “ce ne sono mille a partita, se ne fischi uno li devi dare tutti”, per intenderci) che diventano episodi da moviola.
Il coro è unanime: “la Juve ruba” e l’odio si fa sempre più acceso.
Ma seriamente, penso nel mio piccolo, vi piace vivere il calcio in cosi malo modo? Con questa frustrazione?
Parliamoci chiaro, io non sono Nessuno e voi nemmeno. Ma, davvero ieri sera la Juve “ha rubato”?
Prendiamo il rigore di Benatia. Non sono un arbitro, ma la mia opinione (magari errata) è che a quella velocità e a quella distanza molto ravvicinata tra Higuain e Benatia, Mazzoleni abbia considerato l’intervento involontario (interpretazione più che giustificabile e che mi sento di sposare in pieno).
Ripeto, non è la verità assoluta. Chi la vede in maniera opposta avrà, anzi, ha le sue ragioni per pensarlo e giustificare un giallo non dato.
Ma il regolamento (soprattutto sugli interventi da rigore in area) è molto chiaro e si presta alla discrezionalità.
Onestamente (e obiettivamente) non vedo nulla di così scandaloso nel non dare quel secondo giallo. Anzi, potrebbe essere la decisione esatta.
Ma questo, a quei signori che critico ad inizio articolo, non interessa. L’importante è trovare una scusa, appellarsi a qualcosa, buttarla in bagarre sull’episodio a favore della Juve.
Inizio a credere seriamente (e la partita di ieri sera ne è una triste prova) che finchè non verranno assegnati 2 rigori a partita contro la Juventus con 3 espulsioni contro questi signori qui non saranno contenti.
È una mentalità sbagliata, che depotenzia la forza e il lavoro della squadra (il Milan in questo caso) e fomenta gli isterismi e la frustrazione del tifoso medio.
Ringrazio pubblicamente Gennaro Gattuso, uomo (di calcio) vero, per le parole dette nel post partita.
Allucinante! L’unico milanista sano di mente non ha twitter…
Onore a Gennaro Gattuso.#milanJuve #Gattuso pic.twitter.com/N4BY4d4pR7— GH1 (@GabryHouse1) 11 novembre 2018
L’esempio di chi il calcio, quello serio, l’ha vissuto in prima persona e va in conferenza stampa a metterci la faccia senza cercare alibi, ammettendo la superiorità dell’avversario, cercando di studiarne e carpirne i segreti per migliorarsi e vincere un domani.
Solo rispetto per l’allenatore dell’AC Milan. È con questa mentalità che si torna grandi.
È la cultura del lavoro e del sacrificio contrapposta a quella del sospetto e della polemica.
A chi, da anni, alimenta quelle polemiche e quei sospetti inutili, faccio un appello:
rivedete il vostro modo di lavorare, siete ancora in tempo. E se vi va di fare i tifosacci fatelo pure, ma posate penne, microfoni e macchine da ripresa e svestite i panni del “giornalista”.
Quando il clima, che sia negli stadi, come nei bar o nelle strade o dovunque, si surriscalda e ciò che dovrebbe essere vissuto con passione e gioia diventa odio, terrore e sangue, allora ricordatevelo, la colpa è anche (e soprattutto) vostra.
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