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Dalla prima categoria a capocannoniere in serie A

“Non dimentico che a 20 anni giocavo in Prima Categoria alla Muggesana e mi guadagnavo da vivere facendo il fabbro: se la Pievigina non mi avesse offerto una chance in Interregionale non sarei mai diventato un calciatore professionista e forse avrei fatto l’operaio per tutta la vita.”

L’UMILE CAMPIONE

L’umiltà è sempre stata la caratteristica che lo ha contraddistinto in tutta la sua carriera. Sarà che lui le categorie le ha “assaggiate” tutte. Dario Hubner, con Igor Protti, è l’unico giocatore ad essere stato capocannoniere in Serie A, B e C. Ha segnato oltre 300 gol durante l’intera carriera, ma nonostante ciò, non è mai riuscito a guadagnarsi la maglia della Nazionale.

“L’esperienza di Brescia è stata la più bella. Ricordo quando portai in vantaggio la mia squadra a San Siro contro l’Inter e c’erano settantamila persone in silenzio.”

Nonostante quell’inizio di stagione, dove segna contro l’Inter, nel giorno dell’esordio di Ronaldo, e continuata con reti in successione come la tripletta alla Samp nella seconda giornata, Hubner non riesce purtroppo a evitare la retrocessione del suo Brescia. Ci vollero due stagioni prima del ritorno in serie A. Una volta riottenuta la massima serie, il presidente Corioni festeggiò la promozione regalando alla piazza due acquisti da novanta, uno in panchina, Mazzone, e uno in campo, Roberto Baggio.


“Il Brescia di Serie B era una squadra di ignoranti che remavano tutti dalla stessa parte. L’anno dopo arrivò Baggio, lui fu la ciliegina, ma la grinta l’avevamo già”.

Si creò un binomio perfetto: l’ignoranza e l’abnegazione della squadra che aveva ottenuto la serie A, e le meravigliose giocate di Baggio. Quella stagione sarà la migliore nella storia delle rondinelle, e il “Bisonte” segnerà 17 reti.
Corioni arriva perfino a dire: «Senza grappa e sigarette, Dario Hübner sarebbe il più forte di tutti».
Poi il Brescia lo crede finito e lo lascia andare, e Tatanka, nonostante proposte dall’estero molto più remunerative, sceglie sorprendentemente Piacenza, che per lui, oramai trentaquattrenne, spenderà 6 miliardi di lire.
“Perché Piacenza? Semplice, abito vicino a Crema: da casa mia a Brescia ci sono 40 chilometri, da Piacenza invece soltanto 30. Così, finito l’allenamento, faccio prima a tornare». 
Capite il personaggio?
Nella stagione 2001-2002 conquista incredibilmente il titolo di capocannoniere con 24 reti segnate, a pari merito con un mostro sacro come David Trezeguet, contribuendo ad una storica salvezza del club emiliano: all’età di trentacinque anni è, al tempo, il più anziano giocatore capace di vincere la classifica marcatori della Serie A, un record che gli sarà poi strappato nel 2015 dal trentottenne Luca Toni.
La sua carriera finirà sui campi di periferia, a 44 anni suonati.
Questa è la storia del Bisonte un po’ italiano e un po’ tedesco(il nonno era di Francoforte), che forse avrebbe potuto fare di più, ma che anche così, con i suoi 74 gol in serie A, 116 in serie B, più altri circa 200 segnati nelle categorie inferiori, rimane uno dei “Bomber di periferia” più forti e amati in Italia.


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