È stato bello.
È stato stupendo dimenticarsi di tutta la merda, dei casini sul lavoro, degli esami, dei problemi in famiglia e di tutto il resto.
Succede così in tutte le partite di calcio, per noi che viviamo qualunque sfida come una fuga verso un mondo in cui siamo un attimo più liberi di godere e incazzarci.
E sabato è successo di nuovo, ma in maniera più intensa, trascinante. Alla fine, anche un po’ più bastarda. 120 minuti e poi quella roulette che ci ha tartassati fino al gol di Hector: parecchie sigarette, birre, patatine. Diverse corse al bagno, rigorosamente durante i cambi per non perdersi un secondo di partita.
Da tempo, almeno a me, non capitava di sentirsi così trascinati da una partita di una squadra per cui si fa il tifo.
L’Italia m’ha fatto dimenticare compostezza e serietà. E queste ultime due partite, dal calcio d’inizio al fischio finale, sono riuscite a cancellare qualsiasi pensiero. Come se il cellulare non esistesse. Dei commenti su Facebook ci fregava ben poco, ma così anche di tutto il resto. L’Italia e nient’altro.
Gli insulti, le proteste inutili, la cattiveria agonistica: per qualche ora c’è stato solo questo. È stato stupendo. E ora è orrendo perché, per quanto siano trascinanti Islanda e Galles, non può essere la stessa cosa.
Non si può mettere via il telefono, i casini e tutto il resto.
Lasciamo stare rincorse strane o cucchiai promessi e non mantenuti. E lasciamo stare i “se”, i “ma” e le pseudo analisi, i commenti inutili, le pagelle inutili, i carri dei vincitori e quelli dei perdenti.
È stato stupendo. Purtroppo, è stato.