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Iniesta:”Quando sei depresso non sei più tu”

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Ciò che non si sapeva su don Andres: il pallone non bastava a renderlo felice?

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Don Andres Iniesta: semplicemente incantevole;  se il calcio può essere definito arte, lui è senza dubbio, l’artista migliore in questo mondo. Delicato in ogni sua carezza, con le quali tratta il pallone, come fosse la donna più bella di sempre, come fosse la sua ragion d’essere. I soldi, la famiglia, il pallone e infine gli innumerevoli successi in carriera, non sono stati evidentemente appaganti per uno come lui; sorge spontanea una domanda: come si può essere insoddisfatti, depressi, per una condizione come la sua, a dir poco paradisiaca? La mente umana è un mistero, così come il gioco del calcio… Questa è l’unica risposta che siamo in grado di fornire. Nei giorni precedenti il maestro Iniesta, in forza al Vissel Kobe, si è raccontato in intervista rilasciata al programma ‘salvados’ in onda su la sexta; ha narrato come, nonostante tutto, abbia passato momenti di forte depressione negli anni blaugrana,momenti difficili che il Don non mostrava affatto suo campo; aspettava che arrivasse la notte per prendere le pastiglie e riposare, raccontava. Spesso dunque il campo nasconde l’identità e nell’ultimo periodo, il professor Andres, ha avuto per la sua prima volta bisogno di aiuto, tanto aiuto, come quello che lui ha sempre donato agli altri. Continuando, afferma che non avrebbe mai lasciato il Barcellona, ma le condizioni non ottimali, non gli avrebbero consentito di disputare prestazioni in altrettanto modo. Forse la felicità non esiste? Forse esistono momenti di felicità, come quelli che in ambito calcistico ci ha saputo regalare questo artista che continua anche in Cina a sfoggiare perle; che sia felice o meno una cosa è certa, vederti giocare è stato e sempre lo sarà uno dei momenti di felicità più lunghi e duraturi che la nostra generazione abbia mai provato.

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Queste le sue parole:

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“Quando sei depresso non senti quello che ti accade intorno ed è come se non avessi nulla. Aspettavo solo che arrivasse la notte per prendere le pillole e riposare: la gente è mossa da una speranza, un obiettivo, se sei depresso diventi vulnerabile e non sei più tu. E’ difficile controllare i momenti della vita. Avrei voluto giocare nel ‘mio’ club per tutta la vita, ma mi rendevo contro che non avrei più potuto dare il 100% alla squadra”. Sulla rivalità con il Real Madrid quando era guidato da José Mourinho“È stato la chiave fondamentale perché il rapporto fra Barça e Madrid peggiorasse. Ha superato i limiti e ha danneggiato anche la Nazionale spagnola. Era una situazione surreale, non c’era più la rivalità di sempre ma odio”.


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