Forse solo il suo talento avrebbe potuto strapparlo alla povertà da cui cerca in ogni modo di fuggire.
All’epoca Luciano aveva 19 anni, era senza lavoro e dipendeva totalmente dalla sorella ed dal cognato, che si presero cura di lui. Però giocava bene a pallone, pertanto un giorno gli si presentò un faccendiere senza scrupoli, che gli disse di essere un procuratore, proponendogli dei provini presso delle prestigiose squadre brasiliane.
L’unico problema era la sua età: troppo “vecchio” per poter essere ingaggiato da un club professionista. Quindi ecco la proposta di falsificare i suoi documenti: in cambio, la promessa di sostenere con successo alcuni provini e di sfondare nel calcio. In caso di rifiuto, sarebbe dovuto tornare a casa con le “pive nel sacco” e con la magra prospettiva di fare qualsiasi altra cosa tranne che il calciatore.
Fu così che nell’Aprile del 1996 Luciano Siqueira De Oliveira divenne Eriberto Da Conceicao Silva, la cui data di nascita era il 21 Gennaio 1979. Ringiovanito di colpo di 4 anni: gli effetti si fecero sentire presto, visto che dopo pochissimo il “giovane” Eriberto venne tesserato dal Palmeiras di Rio De Janeiro.
Da allora, per lui una carriera quasi tutta in discesa, con la convocazione nell’Under 21 brasiliana e poi il fulmineo passaggio in Italia, al Bologna.
Il nuovo Eriberto giunge nel capoluogo emiliano nell’Estate del 1998, per la modica cifra di 5 miliardi di Lire. Tuttavia, pare che il denaro gli abbia dato alla testa. Tanto, troppo. Infatti, in rossoblu viene ricordato più che per le sue giocate, visto che spesso si intestardisce in dribbling impossibili, per le sue avventure extracalcistiche: in più di un’occasione viene fermato dalla Polizia ubriaco alla guida e perdipiù contromano sui viali della circonvallazione, inimicandosi così buona parte della tifoseria. Pertanto, dopo due mediocri stagioni, durante le quali gioca ad intermittenza, è scontata una sua cessione, che avviene nel 2000, quando passa al Chievo, in Serie B, conquistando immediatamente la promozione nella massima Serie, la prima nella storia del piccolo club clivense.
Nel 2001 diventa così parte integrante del cosiddetto “Chievo dei Miracoli” che, sorprendendo tutti, riesce ad arrivare quinto in classifica alla fine del torneo, costituendo, assieme a Christian Manfredini, la migliore coppia di esterni del campionato. Era giunto quindi all’apice della carriera, visto che aveva tutto: aveva finalmente coronato il suo sogno, aveva denaro a palate e la notorietà. Forse per questo l’unica cosa che gli mancava era il suo cognome, visto che era diventato prigioniero di un nome che non gli apparteneva, che dentro di lui risuonava come un corpo estraneo. Pertanto, dopo mille dubbi e tanti notti tormentate, nell’Agosto del 2002 Eriberto decide di autodenunciarsi, rivelando pubblicamente il segreto della sua vera identità. Alla base della decisione, presa insieme alla compagna Raquel, la voglia di regolarizzare la sua posizione: «Non mi chiamo Eriberto ma Luciano, non ho 23 anni ma 27, non posso più fingere e voglio che mio figlio, almeno lui, si chiami col suo vero nome.
Alla fine, dopo tante chiacchiere, il 18 Settembre dello stesso anno, la Commissione Disciplinare della F.I.G.C., riunita appositamente, decise di sospenderlo da ogni attività sportiva per un periodo di 6 mesi, “per avere volontariamente tenuto una condotta non conforme ai principi della lealtà, della probità e della rettitudine, nonché della correttezza morale e materiale”.