Il sogno di ogni atleta è partecipare ad un’Olimpiade e vincere una medaglia. La regina olimpica si sa è l’atletica leggera, mentre uno degli sport che contano meno è il calcio. Tu pensa: lo sport più seguito e praticato al Mondo vale come una partita a freccette sul terreno di Olimpia.
La nostra Nazionale di calcio all’Olimpiade ha sempre fatto pena: in nove partecipazioni, il miglior piazzamento è stato il terzo posto dell’edizione di Atene: medaglia di bronzo a scapito dell’Iraq e gradino più basso del podio dietro al Paraguay e ad un’Argentina che davanti aveva Tevez, Saviola e d’Alessandro.
Se andiamo a vedere la rosa di quella Nazionale olimpica, i nomi sono pesanti: cinque futuri campioni del Mondo, diciotto giocatori che in carriera faranno incetta di scudetti, Champions, coppe varie e quasi tutti allora titolari in Serie A. L’allora CT Claudio Gentile aveva tra le mani la più forte Under d’Europa.
Come detto, quella rosa era di prim’ordine e tutti hanno fatto strada. Eppure tra quelli ce n’era uno che ha fatto, nel complesso, un’ottima carriera ma che se non avesse avuto qualche infortunio e qualche sfiga di troppo avrebbe avuto una carriera superlativa. Oggi quel “ragazzo” ha 37 anni, è un giocatore senza contratto, ha la barba lunga e la faccia vissuta di uno che ha dato tanto al calcio italiano. Lo spazio “ma che fine ha fatto” di questa settimana è dedicato ad Andrea Gasbarroni.
Torinese del 1981, Gasbarroni ha passato la maggior parte della sua carriera giocando in Serie A, dove ancora oggi è ricordato come uno dotato di un talento smisurato, un piede destro fantastico e quella genialità che molti giocatori non hanno avuto, non hanno e non avranno mai. Eppure quando si parla del “Gasba” subito si pensa a “poteva…doveva…”. Cresciuto nella squadra del suo quartiere torinese, il Vanchiglia, entrò a far parte del settore giovanile della Juventus, ma la squadra bianconera non credette mai in lui e lo mandò sempre in giro per formarlo. Oltre alla Juve, il “Cavalier” Gasbarroni ha giocato a Varese, nella Genova sampdoriana e genoana, nel Parma e nel Torino, oltre che essere il leader del Palermo che nell’anno olimpico tornò in Serie A dopo trentuno anni anche grazie a lui e alle sua giocate.
Gasbarroni ovunque ha giocato ha fatto vedere cose importanti, ma in gialloblù e in granata abbiamo potuto vedere cosa è stato davvero Andrea Gasbarroni: talento, fantasia, grinta e dribbling. Tanto, tanto dribbling. Il dribbling, la cosa più bella del calcio dopo il gol: scartare, far ballare l’avversario, superarlo e far godere i propri tifosi. Il “Gasba” ne ha fatti a iosa di dribbling in carriera, in tutti i campi in cui ha giocato. Ne ha fatti tanti anche nella Primavera del Torino nella stagione in cui i granata lo misero fuori rosa (la 2011/2012) e lui con la squadra di mister Tonino Asta fece sfracelli.
Nell’estate 2012 la decisione: niente A, niente B e ripartenza dalla provincia. Il Cavaliere firmò con ilMonza, in Lega Pro Seconda divisione, dove in due stagioni e mezzo fece vedere cose che al “Brianteo” non si vedevano da anni: 20 gol il primo anno (lui che al massimo ne aveva realizzati sei), tifosi in visibilio ed una piazza che aveva trovato in lui il Messia per tornare (almeno) in Serie B. Ed invece la seconda stagione le reti divennero solamente cinque e i successivi sei mesi giocò ancora meno anche perché il Monza era in gravissima crisi finanziaria. A fine gennaio 2015 la rescissione e l’approdo alla Giana Erminio, l’unica squadra italiana ad avere un cognome ed un nome. A Gorgonzola ritornò su livelli “gasbarriani” ed in 18 mesi è stato tra i protagonisti di due salvezze consecutive insieme ad altri “vecchietti” come lui con esperienze in A (Sinigaglia, Polenghi, Bruno, Grauso).
Nell’estate 2016 la “Giana” non credette più in lui e cosa fare a 35 anni? Molti si sarebbero già ritirati e pensato ad altro,ma se tu ti chiami Andrea Gasbarroni e vivi per il calcio non puoi ritirarti. Lo ami così tanto da scendere anche in Serie D: prima il Pinerolo, poi il Bra. Nonostante ciò, Gasbarroni fu protagonista in positivo ed ogni volta che le due squadre del “suo” Piemonte andavano in trasferta, tutti i tifosi di casa rimanevano a bocca aperta nel vedere quel ragazzo che giocava come dieci anni prima in A con al collo il bronzo olimpico. I tifosi di Pinerolo e Bra, invece, erano a bocca aperta tutto l’anno e si gongolavano il loro piccolo idolo barbuto.
Ora Gasbarroni è svincolato, si gode le figlie, studia da allenatore e sicuramente non si pente della sua vita professionale. Anzi, siamo certi che se camminasse su un marciapiede e qualcuno gli tirasse un pallone, lui lo prenderebbe e scarterebbe ogni cosa che gli capitasse a tiro.
Del resto, quando uno vive per il dribbling non aspetta altro che gli arrivi un pallone ed iniziare a far ballare tutti. Neanche fosse un deejay.
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