Christian Riganò il bomber sconosciuto che ha riportato la Fiorentina dalla Serie C2 alla Serie A in appena tre stagioni
Christian Riganò nasce nel 1974 quando a vincere lo scudetto era stata la Lazio di Chinaglia. Tempi duri in Italia, tra crisi energetiche e strategia della tensione. Nel 1967 uscì nelle sale il primo western della coppia Bud Spencer-Terence Hill: “Dio perdona…io no!”. Quella era la prima pellicola dei due attori che divennero una delle coppie d’oro del nostro cinema. Il protagonista della nostra storia di oggi nacque l’anno in cui uscì “…altrimenti ci arrabbiamo”.
La ricetta che ha fatto sbloccare Hernan Crespo
Il nostro protagonista nasce a Lipari, una delle isole Eolie, a pochi chilometri dalle coste siciliane. Come tutti gli italiani amava il calcio e sognava di fare un giorno il calciatore. Per giocare, giocava ma alla periferia del calcio tra Eccellenza e Promozione siciliana. Nulla di più, nulla di meno: allenamenti la sera dopo il lavoro, la domenica partite su campi polverosi e due righe sul giornale del paese il giorno dopo. Nulla più, nulla meno.
Il nostro eroe (perché di un eroe stiamo parlando) si chiama Chstian Riganò, di giorno faceva il muratore e la sera diventava un calciatore. Un po’ come Bruce Wayne che di notte diventava Batman, un po’ come il dottor Jekill che di notte diventava Mister Hyde.
Un lavoro duro quello del muratore in una terra dura come era la Sicilia, mare e bellezze paesaggistiche locali a parte. Una particolarità: il “nostro” aveva iniziato a giocare come difensore, poi una volta giocò da attaccante, decise una partita e da allora non si mosse da quella posizione.
Fino ai 28 anni il suo massimo per Riganò erano stati i 27 gol nel Taranto nella stagione 2001/2002. Piazza importante del Sud, Taranto, che per un pelo non portò in Serie B. Aveva sempre segnato con continuità in carriera e gli anni nella città dei Due mari era stato il suo zenith.
Nel 2002 la svolta, ma dovette scendere ancora in C2 ma la piazza era La piazza: Firenze, Florentia Viola, la squadra rinata (e rinominata) dalle ceneri dello scempio di Vittorio Cecchi Gori. Nessuno sapeva chi fosse quell’attaccante che al massimo aveva giocato in Serie C1. I tifosi viola dissero: siamo passati in pochi anni da uno come Batistuta ad uno faceva il muratore. Grazie Cecchi Gori, appunto.
Eppure quello sconosciuto Riganò portò la squadra gigliata dalla Serie C2 alla Serie A in appena tre stagioni, diventando il nuovo idolo della “Fiesole”.
I supporter viola dovettero ricredersi e videro nel ragazzo di Lipari il loro nuovo idolo, il loro nuovo bomber, quello che al primo anno in viola segnò 30 trenta in trentadue partite e ventitré l’anno dopo con la promozione in Serie A.
Riganò era diventato così iconico che i tifosi viola gli avevano dedicato un “due aste” che ha fatto storia, parafrasando il primo film della coppia western italiana per antonomasia: da “Dio perdona…io no” a “Dio perdona…Riga-no’”, il passo fu breve.
Il bomber che ce l’ha fatta
Riganò è uno di quelli di cui si può dire “ce l’ha fatta”. Ce l’ha fatta partendo dalla bella Lipari per poi giocare in Serie A con Fiorentina, Empoli, Messina, Levante e Siena. Se con la squadra viola è riuscito a giocare in Serie A, con la squadra giallorossa collocata sullo Stretto è diventato un giocatore completo e nell’unica stagione al “San Filippo” segna 19 rete, il suo top stagione in massima serie. In Spagna giocò sei mesi, ma in una partita si portò a casa il pallone segnando tre reti.
Furono anni bellissimi, fantastici, veloci, entusiasmanti per Riganò solo che l’età avanzata, il fisico non reggeva come ad inizio carriera e uscì dal grande giro: Lega Pro con Ternana e Cremonese e poi ancora calcio di provincia tra la sua Regione di adozione, la Toscana, ed un’esperienza in riva al Lago di Garda. La sua ultima squadra dove ha giocato è stata la prima che ha allenato, l’Ideal Club Incisa di Figline ed Incisa Valdarno, nel Fiorentino.
Riganò era tornato alla base, nei campi periferici dell’impero, dove si gioca per diletto sperando di fare il grande salto. Lui che il “grande salto” lo aveva fatto ed era diventato un mito.
Fa l’allenatore seriamente da tre anni dopo aver frequentato il corso a Coverciano, poco distante dalla “sua” Firenze che lo ha amato come si ama un vero bomber. Solo che nonostante abbia giocato (e segnato) in tutte le categorie italiche, Riganò è arrivato tardi al corso perché non aveva i requisiti necessari. Maledetta burocrazia italiana: uno faceva il muratore, è riuscito a far innamorare Firenze, gli hanno dedicato un “due aste” epico, ha segnato grappoli di gol ma non aveva i requisiti per fare l’allenatore quando in panchina si vede gente che al massimo giocava con i figli in giardino. Pazienza, siamo in Italia.
Oggi la storia di Christian Riganò, quello che non perdonava, è una bella storia da raccontare a chi crede di non potercela fare. A chi si abbatte alla prima avversità. A chi però non molla mai.
Perché se Christian Riganò non si fosse mai mosso dalla sua Sicilia, per prima cosa non parleremmo di lui in questa occasione, la storia calcistica della Fiorentina non sarebbe stata la stessa così come quella del nostro calcio.
Ma soprattutto lo stesso Riganò non si sarebbe mai messo in discussione e avrebbe continuato a fare il muratore in Sicilia. Christian Riganò ci ha creduto, non ha mai mollato, ha sempre voluto diventare un calciatore e alla fine è diventato il “Bomber muratore”. Che è un’altra, bellissima, cosa.
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