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Ma che fine ha fatto… Riccardo Zampagna

Riccardo Zampagna
Riccardo Zampagna
Riccardo Zampagna

Ma che fine ha fatto Riccardo Zampagna? E’ stato senza dubbio uno dei giocatori più iconici e di culto del nostro calcio.

Quando si pensa a Terni, vengono in mente due cose: è la città degli innamorati, in quanto il suo patrono è San Valentino; è la città dell’acciaio ed è detta, per questo, la Manchester d’Italia, una città operaia dove la maggior parte degli abitanti lavora (o ha lavorato) nella siderurgia locale.

Terni calcisticamente è legata alla Ternana, due presenze in Serie A negli anni Settanta e caratterizzata da due cose uniche nel loro genere: il colore rossoverde delle maglie; il soprannome “fere”, dal termine dialettale di un animale mitologico conosciuto per la sua forza e cattiveria.
In città il tifo per la squadra è un credo e tutti sognano che la squadra possa tornare al più presto in Serie B ed un giorno in Serie A, categoria da cui manca dalla stagione 1974/1975. Ci era andata vicina nella stagione 2003/2004, chiusa al settimo posto, a quattro punti da quel sesto posto che avrebbe portato la squadra a disputare il play off con la quindicesima squadra classificata in Serie A. E sarebbe stato un derby fratricida contro gli arcirivali regionali del Perugia.

Riccardo Zampagna, il calciatore di provincia

Se si guarda la classifica marcatori di quella stagione (vinta da Luca Toni, allora al Palermo, con 30 reti), con ventuno reti si era affermato proprio un giocatore rossoverde. Ma non un giocatore qualsiasi: un giocatore nato nella città di San Valentino, un giocatore figlio di un genitore operaio nelle acciaierie, un giocatore tifoso delle “fere” e che da ragazzino era sempre in curva. Uno dei giocatori più iconici e di culto del nostro calcio: Riccardo Zampagna.

Oggi Zampagna, 46 anni, è il direttore di una scuola calcio a Terni, è sceso in piazza per difendere i diritti degli operai ed il lavoro nelle acciaierie ternane qualche anno fa, ha posseduto per quattro anni una tabaccheria e ancora oggi, a otto anni dal suo ritiro, dire il suo nome fa rima con un’espressione che fa molto anni Settanta e Ottanta: “calciatore di provincia”.

Eh sì perché Zampagna si è affermato in provincia, non giocando mai in grandi piazze anche se alle grandi piazze ha spesso segnato. Lui che fino ai 23 anni faceva il tappezziere e che Walter Sabatini ha portato a Trieste, allora in Serie C2, dopo averlo visto giocare tra i dilettanti umbri. Lui che si spostava dal lavoro al campo di allenamento in un club di Perugia (proprio lui che è di Terni), in Serie D, spostandosi con un’utilitaria (regalatagli dal padre) e mangiando un panino durante il tragitto per non perdere tempo e non spendere soldi anche solo in una trattoriaccia sul percorso stradale. Da allora, Riccardo Zampagna ha girato lo Stivale con un solo obiettivo: segnare. Ed infatti il bomberone ternano ovunque è andato, ha sempre segnato: lo ha fatto a Trieste, Arezzo, Catania, Brescello, Perugia, Cosenza, Siena, Terni, Messina (due volte), Bergamo, Vicenza, Sassuolo e Carrara.

Ed in tre piazze ha lasciato ricordi indelebili: Terni, Messina e Bergamo. Tre esperienze diverse, tre esperienze di cuore e di gol: con le “fere” era tornato da giocatore affermato e ancora un po’ le riportava in Serie A; con i siciliani debuttò in Serie A a 30 anni quando molti calciatori a quell’età sono in massima serie da tempo; con la Dea è diventato un idolo, riuscendo a riportarla in Serie A e ad imporsi come un vero idolo. Così idolo che prima della partita Albinoleffe-Sassuolo, nel febbraio 2009, i tifosi bergamaschi hanno fermato il pullman degli emiliani e hanno fatto scendere bomber Zampagna per omaggiarlo come si deve un idolo.
Poteva giocare a Parigi, Londra e Montecarlo, tre città diverse ma ricche e sfarzose (calcisticamente), ma lui ha detto “niet”, restando a Bergamo ed entrando nel cuore dei tifosi nerazzurri.

Un tipo tosto, uno che ce l’ha fatta, uno che ha sudato e che si è sacrificato per fare ciò che voleva da ragazzo, anche quando a ventitre anni sembrava destinato a stare nei dilettanti umbri facendo una vita tranquilla, magari andando a vedere la Ternana al “Liberati”.

Un idolo, un calciatore d’antan, uno che non ha mai nascosto la sua fede politica “rossa” (vedasi Livorno-Messina del 16 gennaio 2005), uno che ha fatto della beneficenza un marchio di fabbrica. Come un marchio di fabbrica sono stati i suoi gol, quasi mai banali. Come la rovesciata, il suo brand. Un gesto non da tutti e che lui eseguiva seguendo l’istinto sentendo che quello era il momento giusto per segnare stando in posizione orizzontale con il campo e con la testa in giù.

Riccardo Zampagna in Europa sarebbe stato magnifico.

Zampagna non è stato un self made man come lo si intende, ma è uno che nella vita non ha avuto regali e tutto ciò che ha fatto lo ha fatto rimboccandosi le maniche, faticando ma alla fine togliendosi lo sfizio di aver segnato ai top team italiani con la maglia del neopromosso Messina tornato in Serie A dopo 39 anni e che, da settimo classificato, si qualificò per la Coppa Intertoto cui però poi non partecipò la stagione successiva. Peccato: Riccardo Zampagna in Europa sarebbe stato magnifico.

La fatica del calcio di strada, la fatica del calcio di tutti.

Zampagna è stato l’emblema del calcio di strada, quello della fatica, quello dei campi pesanti e non bellissimi. Quello che ha sempre cercato l’acrobazia nei gol nonostante il fisico non robotico.
Nella vita c’è sempre da crederci. Sempre. Anche nelle avversità o quando si pensai che il proprio tempo (da calciatore) sia finito. E la storia di Riccardo Zampagna da Terni, tifoso della Ternana e Nemo propheta in patria ne è stato un bell’esempio.

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