Ma che fine ha fatto… Edmundo? “O’Animal” è il protagonista della nostra storia.
La fuga da Firenze, destinazione Brasile
Firenze è considerata una delle città più belle del Mondo. Un vero museo a cielo aperto e con musei che tutto il Mondo ci invidia. Ma Firenze non è in Brasile, a Firenze non c’è il mare, a Firenze a febbraio fa freddo, a Firenze a febbraio non si festeggia il carnevale come si dovrebbe. Questo ha pensato Edmundo Alves de Souza Neto detto Edmundo la sera del 7 febbraio 1999 quando, di colpo, lasciò la Fiorentina prima in classifica per partire verso il Brasile e andare a festeggiare il carnevale, una cosa che da quelle parti è come festeggiare da noi il Ferragosto in spiaggia o il Natale in famiglia. Un rito, un qualcosa ineluttabile. E chissene se la Viola era prima, che per oltre un mese e mezzo avrebbe dovuto fare a meno di Batistuta infortunato e proprio Edmundo avrebbe dovuto caricarsi la squadra sulle spalle. Lui, il più fantasioso nella rosa di Giovanni Trapattoni. E proprio “o’Animal” è il protagonista della nostra storia.
Edmundo, croce e delizia della Viola.
Eh già perché in quell’inizio di 1999, la Viola si giocava una buona fetta di scudetto. Il tecnico viola ebbe la sfiga trovarsi contemporaneamente, a partire da metà febbraio e per un mese mezzo, Edmundo in Brasile, Batistuta ko ed una squadra che dopo il pareggio con il Milan quel 7 febbraio entrò in difficoltà e subì le rimonte di Lazio e Milan, che vinse il titolo. La Fiorentina chiuse la stagione al terzo posto e si qualificò dopo 30 anni esatti in Champions League, ma vincere il titolo sarebbe stato un qualcosa di incredibile.
A calcio si gioca in undici, ma può un solo giocatore “impedire” alla propria squadra di correre per lo scudetto? Forse, fatto sta che Edmundo non violò nessun diritto perché quando la Viola lo acquistò l’anno prima dal Vasco da Gama nel contratto ci fu la clausola “carnevale”: era già andato in Brasile con Malesani nel febbraio 1998, ma la Fiorentina non stava lottando per il titolo, ma proprio un anno dopo le cose erano cambiate. A fine stagione Edmundo fu ceduto in Brasile tra la contentezza di Rui Costa e Batistuta ed i rimpianti di tutti i tifosi.
Edmundo nei suoi due anni fiorentini fu vera croce e delizia: gol importanti, giocate brasileire, la saudade che contraddistingue ogni vero brasiliano e quella vida loca che costò il salto di qualità alla sua carriera. Era un vero talento, ma era altrettanto ingestibile.
Dalle Favelas alla vittoria della Coppa America.
Nato povero in una delle favela più povere e degradate di Niterói, Stato di Rio, Edmundo crebbe in fretta fra genitori morti quando era giovane e un fratello ucciso in un regolamento di conti. Ma fra i piedi aveva la dinamite e tra il 1990 ed il 1997 si mise in mostra nelle più famose squadre del suo Paese: Vasco da Gama, Palmeiras, Flamengo, Corinthians e la vittoria di tre campionati brasiliani ed un titolo marcatori nel suo magico anno 1997, dove vinse anche la Copa America.
Ma se Edmundo segnava ed incantava in campo, si faceva altrettanto notare per il suo temperamento forte, spregiudicato, sfrontato e maleducato. Ma in Brasile era “o’Animal”, l’animale: forte, imbattibile, veloce, una forza della natura. Peccato che dopo la sua fuga a Rio, “o’Animal” divenne sinonimo di “bestia”, animale nel vero senso della parola.
Dopo le esperienze con Vasco da Gama e Santos, nel gennaio 2001 Edmundo salì su un aereo e tornò in Italia, accettando l’offerta del Napoli. Non era per nulla il Napoli di oggi ed infatti era tornato in Serie A dopo due anni in Serie B e in B ci tornò quella stessa stagione, rimanendovi tre anni per poi fallire e ripartire nella stagione 2004/2005 dalla Serie C1. Edmundo segnò quattro reti quella stagione, di cui l’ultima all’ultima giornata di campionato al “Franchi” contro la Fiorentina: Napoli retrocesso e Fiorentina che se non avesse vinto la Coppa Italia, sarebbe stata fuori dall’Europa proprio grazie alla sconfitta causata dal gol di “o’Animal” al 90’.
Le 5 volte alla corte della Gigante della Collina.
Nel frattempo Edmundo non aveva smesso di giocare a calcio e dopo un altro ritorno in Brasile aveva tentato la carta “Giappone”. Non fu un periodo felice per lui e tra il 2003 ed il 2007 tornò ancora in Brasile chiudendo la carriera dove l’aveva iniziata, ovvero nel Vasco da Gama: in diciotto anni di carriera, militò nel “Gigante da Colina” in cinque momenti diversi.
Una carriera che poteva essere migliore sotto tanti aspetti. Innanzitutto per le vittorie, come vincere il Mondiale 1994 che però non vinse in quanto il Ct Carlos Alberto Parreira non lo convocò perché era stato squalificato dal Palmeiras perché troppo individualista e perché non aveva una vita regolare fuori dal campo e agli allenamenti (quando ci andava) non si impegnava. Poteva vincere quello il Mondiale del 1998, ma Mario Zagallo nella finale di Parigi contro la Francia lo mise in panchina per far spazio ad un Ronaldo spettro di sé stesso e la Seleçao venne travolta dalla Francia.
Un carattere difficile, una vita fuori dal campo fatta di alti e bassi.
Di Edmundo, purtroppo, si ricordano le cose fuori dal campo: aveva rotto la videocamera di un operatore tv dopo aver sbagliato un rigore in Copa Libertadores; insultava e litigava con avversari e compagni di squadra; nel 1999 per il compleanno del figlio affittò un circo intero e fece bagordi (!) con una scimmia, facendola ubriacare. Poi il fattaccio: il 2 dicembre 1995 causò un incidente stradale che portò alla morte di tre persone e al ferimento di altre tre: il giocatore era ubriaco, non doveva guidare, fu condannato a quattro anni di reclusione nel 1999 (quando giocava nella Fiorentina) e arrestato solo nel 2011.
Ci sono soprannomi che rimangono e che forse tradiscono la vera natura della persone: Edmundo poteva vincere tutto quello che poteva vincere, ma niente e nessuno gli avrebbe tolto quel nomignolo che lo ha caratterizzato in carriera e che a lui non è mai piaciuto. Una specie di condanna. Oggi Edmundo è fuori dal calcio giocato e si diletta a fare l’opinionista tv in patria. Non è più tornato in Italia, ma se dovesse tornare gli consigliamo di farsi un week end a Firenze e capire che Firenze vale più di un carnevale.