“Avevo sedici anni e volevo tatuarmi il numero ’23’, giocavo nelle giovanili della Fiorentina.
Mi piaceva l’idea di rendere visibile il mio modello. Mi ha accompagnato mio papà che è interista sfegatato. In famiglia la tradizione nerazzurra era ben salda, zii compresi. Pur abitando distanti, quando riusciva papà mi portava a San Siro. Dalle notte indimenticabili del 2006 mi innamorai di Marco Materazzi. Mi piaceva molto il suo modo di affrontare la partita, la fisicità e la grinta che metteva su ogni pallone. Il fatto di non avere mai paura, di metterci la faccia pure nei momenti bui.
È sempre stato davanti a tutti e lo è tutt’ora. Il primo anno da professionista finisco a Perugia. Un segno del destino. Lo storico massaggiatore Luchini vede il tatuaggio e mi chiede come mai. Gli rispondo ‘Per Materazzi’. Lui ride, mi spiega che Marco vive in città , e da ragazzo aveva indossato la stessa maglia che io avevo addosso. Poi prende il telefono e gli manda un messaggio. Il giorno dopo arriva allo stadio una maglia numero 23 con dedica. Me ne manda un’altra dopo le prime gare e con la maglia pure un invito per incontrarlo.”
[Gianluca Mancini]
Classe 1996, difensore centrale.
Oggi al terzo centro consecutivo nella vittoria per 4-1 sull’Inter.
Proprio l’Inter, squadra tifata da quasi tutta la sua famiglia.
L’Italia sta scoprendo l’ennesimo difensore che può far strada.
Molto simile a Mattia Caldara, Gianluca Mancini sta andando oltre ogni aspettativa.
Nel segno di Marco Materazzi e nel numero 23.
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