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Marc Gasol, campione in NBA e di solidarietà

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La storia che vi andremo a raccontare oggi sembra la trama di un film, invece è tutto reale. 

Marc Gasol è un campione spagnolo di basket, milita nel campionato americano di basket NBA e nel tempo libero si dedica ai meno fortunati.

“Frustrazione, rabbia, impotenza. È incredibile come così tante persone vulnerabili vengano abbandonate alle loro morti in mare. Profonda ammirazione per quelli che stavolta posso definire come i miei compagni di squadra”. Queste le parole che ha usato il campionissimo dei Memphis Grizzlies, per descrivere ciò che lui pensa, della situazione insostenibile che si è venuta a creare nel Mar Mediterraneo. Le immagini del salvataggio di Josephine ,hanno fatto il giro del mondo, l’unica sopravvissuta della nave partita dalle coste Libiche e naufragata proprio 48 ore fa in acque spagnole.

In pochi si erano accorti che una delle mani che hanno tratto in salvo la povera ragazza camerunense erano proprio del campione spagnolo. Il forte centro dell’NBA non è nuovo a questo tipo di operazioni, ha deciso infatti questa estate di spendere parte delle proprie vacanze sulla nave di Proactiva Open Arms; ONG spagnola impegnata nel salvare la vita alle migliaia di disperati che partono dalle coste africane e libiche verso l’Europa. Assieme al fratello Pau da anni finanzia la Gasol Foundation, associazione benefica che raccoglie milioni di euro per progetti non solo legati al basket per provare a dare un futuro ai bambini poveri in Spagna e in tante altre parti del mondo.  “Poco più di un anno fa ho incontrato Oscar Camps [fondatore e direttore dell’ONG Proactiva Open Arms, ndr] – commenta Gasol in collegamento telefonico dall’imbarcazione – mi interessavano le sue parole e il suo messaggio; per questo l’ho invitato a tenere un discorso a Girona, al campus della mia squadra. Già lo scorso anno avrei voluto imbarcarmi, ma dovevo giocare gli europei con la nazionale”.

marc-gasol-nbaIL RACCONTO DI MARC:

“Abbiamo ascoltato la conversazione tra una motovedetta e il mercantile Triades, che ha segnalato la rotta per recuperare i migranti ai libici. Più tardi ci hanno segnalato che le motovedette hanno caricato i migranti per riportarli in Libia, distruggendo la barca con cui erano partiti, ma lasciando almeno tre persone abbandonate in mezzo al mare. Per quello siamo intervenuti il prima possibile, seguendo il protocollo di ricerca. Stamattina [ieri, ndr], verso le sei e trenta, abbiamo individuato un gommone semi-sommerso. Siamo andati lì e uno dei soccorritori, Javier Filguera, è stato il primo a notare che l’acqua era piena di benzina. In un primo momento sembrava fossero tutti morti, ma avvicinandoci abbiamo visto che c’era una donna ancora in vita, abbracciata a un pezzo di legno al massimo di mezzo metro, non di più. Con lei c’era una donna e un bambino, entrambi morti. Siamo riusciti a portarli sulla nave, dove c’era anche il personale medico. Ero sconvolto, senza parole. Le abbiamo spiegato che l’avremmo aiutata e lei è riuscita soltanto a pronunciare il suo nome: Josephine. Avevano lasciato lì quei corpi in una situazione disumana. Se non fossimo intervenuti noi non ce l’avrebbe mai fatta: nessuno avrebbe saputo mai nulla della loro fine”.


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