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Pablo Gonzalez, da postino a Leggenda

Giocare a calcio è il sogno di ogni bambino. Si parte seguendo il nonno e il padre allo stadio e poi si gioca con un pallone malconcio per strada, sognando un giorno di diventare qualcuno ed uscire da una situazione economica magari non delle migliori.

La storia del calcio è piena di ragazzi partiti dalla loro terra alla ricerca di un contratto con una squadra per fare il grande salto: c’è chi ci è riuscito, c’è chi non ci è riuscito. Come mandare un curriculum vitae: o si è assunti o “le faremo sapere”.

La storia che vi raccontiamo parte da lontano, “dall’altra parte del Mondo” come disse appena insediatosi sul soglio pontificio Jorge Bergoglio “Francesco”. Noi partiamo da Tandil, Provincia di Buenos Aires, paese di centomila abitanti a oltre trecento chilometri dalla capitale. Da quelle parti non si gioca a calcio, ma si gioca a fútbol. Sembra, ma sono due cose diverse.

Nell’entroterra albiceleste si sogna di diventare come i grandi giocatori argentini di sempre: Stábile, Sivori, di Stefano, Kempes, Batistuta, Riquelme, Messi ed il più grande di tutti, Diego Armando Maradona.

Tra i tanti giovani calciatori argentini, ce n’è uno alto, magro che corre in maniera dinoccolata che da grande vuole fare il fútbolista come il fratello maggiore Mariano, centrocampista di Racing Avellaneda, Palermo, Inter, Porto, Estudiantes ed oro olimpico ad Atene nel 2004-

Si chiama Pablo Andrés Gonzalez.

Ci prova a fare il calciatore e ci riesce, debuttando nel Racing Avellaneda, una delle grandi di Argentina. Ma per fare carriera deve prendere, come tutti, un aereo con destinazione “Europa”. Lo acquista il Locarno, squadra militante, nella stagione 2007/2008, nella serie B svizzera. Piuttosto che niente, meglio piuttosto.

Ma Pablo, 22enne in cerca di gloria, non ingrana, gioca poco, segna altrettanto e l’estate 2008 se ne tornò a Tandil dove continuò a svolgere il suo lavoro di “cartero” (postino) e giocando nel Grupo Universitario de Tandil, club della sua città militante in quarta serie.

Un mesto ritorno a casa, alla solita vita. Se nonché Gonzalez in quella squadra fece vedere che sapeva davvero giocare a calcio ed il suo nome finì sul taccuino di un osservatore italiano che non appena lo vide disse: questo qui viene a giocare in Italia. Pablo non ci crede: un’altra possibilità, per di più nel Paese dove il calcio è una religione pagana.

Gonzalez riprese l’aereo ma con destinazione “Novara”. Sicuramente avrà cercato sull’atlante dove fosse Novara, ma importava poco: “si sbarca in Italia, non posso fallire ancora”, avrà pensato. Novara era una piazza con fame di calcio, da oltre trentanni lontana dalla Serie B, da oltre cinquanta senza la Serie A. La piazza non è caliente come in Argentina, ma l’ex “cartero” entrò subito in sintonia con tutti quanti, tifosi in primis.

E se vi dicessimo che nel giro di due stagioni il Novara, anche grazie a Gonzalez, fece un clamoroso doppio salto fino alla Serie A ci credereste? E ci credereste che da quel momento Gonzalez divenne il simbolo del Novara che toccava il cielo con un dito? E ci credereste che quando il giocatore lasciò il Novara due volte tornò poi a casa afflitto come da una specie di saudade?

E ci credereste che da venerdì Pablo Andres Gonzalez, di professione ex postino di Tandil, all’età di 33 anni e mezzo, è nuovamente un giocatore del Novara? No, tutto vero perché, come cantava Eros Ramazzotti “certi amori regalano un’emozione per sempre/momenti che restano così/impressi nella mente”. Perché la storia del calcio è piena di giocatori che vanno e vengono, ma la maglia rimane sempre nel cuore, negli occhi e nella mente di ogni tifoso. E la notizia del nuovo ritorno di Gonzalez al Novara ha fatto tornare il bagliore nella vita “calcistica” dei tifosi azzurri: forse con lui in attacco, la stagione non è del tutto compromessa. Si può fare ancora qualcosa. Perché con in squadra un giocatore del genere si può forse rialzare la testa e continuare a sognare. E tutti i tifosi azzurri quando hanno visto il “loro” Pablo nuovamente con indosso la maglia azzurra hanno avuto le palpitazioni come quando ebbero la loro prima cotta.

Dopo i suoi addii, nessun altro giocatore ha più corso come lui nel Novara, nessuno ha più segnato gol bellissimi di sinistro come faceva lui nel Novara, nessuno ha più consumato quella “mattonella” di campo dove tirava lui nel Novara, nessuno ha più esultato facendo l“onda” come faceva lui nel Novara.

Gonzalez è la storia recente del Novara, il vicino di casa che ognuno vorrebbe, l’amico con cui confidarsi, quello che chiami quando si ha bisogno anche solo del sale quando è finito. Di lui ha anche parlato Federico Buffa, lo storyteller italiano per antonomasia. Ovviamente bene, perché dei bravi ragazzi che si impegnano, sudano e lottano per la maglia che indossano e che amano i tifosi non si può che parlare bene.

Quei tifosi che lo hanno scoperto al “Piola” il 13 settembre 2009 contro il Monza

quando segnò il suo primo gol in azzurro; lo hanno idolatrato quando ha segnato quel gol epico e da antologia (andate a guardarlo su YouTube) a San Siro, la Scala del calcio, al Milan davanti a 13mila tifosi novaresi accorsi per vedere la loro piccola squadra di provincia contro il grande Milan negli ottavi di Coppa Italia; lo hanno amato quando ha preso per mano la squadra e l’ha portata in Serie A; lo hanno ringraziato per essere tornato ed essere rimasto a Novara rifiutando proposte contrattuali da squadre di Serie A e piazze importanti di B; hanno pianto quando ha segnato tre gol al Bari a Bari nei preliminari play off; non lo hanno biasimato quando ha lasciato due volte Novara; lo hanno implorato di tornare quando il Novara arrancava; lo hanno atteso impazientemente e ora è tornato alla casa. E lui è tornato al Novara, quasi come regalo un regalo anticipato da parte di Babbo Natale e della renna Rudolph.

Non si sa come finirà la stagione del Novara, ma ai tifosi interessa forse poco: è tornato a casa Pablo, tutto il resto è noia.

Ah chissà poi chi ha preso poi il suo posto come postino a Tandil.


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