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Serie A in chiaroscuro: luci e ombre della 21^ giornata

Ventunesimo giro, secondo di ritorno. Un tango, di quelli che partono lenti e crescono, di quelli che emozionano. Il campionato di Serie A è come un tango, andante e provocante, ricco di colpi di tacco e casquet. Il tango della Serie A attrae anche chi non è appassionato al tema. Basti guardare la classifica per emozionarsi: sette squadre in dodici punti, cinque racchiuse in un fazzoletto di nove. Da anni lassù non si respirava l’equilibrio. Le due più lontane dal vertice, Napoli e Atalanta, sono (non è un caso) le due peggiori della classe nella verifica del weekend. Occasione sprecata, gettata alle ortiche, forse ultima per rientrare nello sprint di primavera verso i traguardi più nobili. Di scudetto comunque nessuno ha ancora voglia o coraggio di parlarne. L’unico è il milanista Tomori, neomelodico di Pioli: l’ultimo arrivato al Portello ha scongelato con una battuta il “non detto” di un Milan abbottonato fin dall’estate. Ci scherzano su dalle parti di Casa Milan: son ragazzi! Nessuno parla di titolo finale perché tutte, delle cinque sorelle abbracciate in nove punti, sanno quanto l’equilibrio sia fragile e destinato a ballare. Ancora. A ballare un tango appunto. Meglio evitare figuracce e ripensarci dunque a maggio.

Frana il Napoli, Gattuso è già alla resa dei conti

Intanto le figuracce della 21^ giornata le hanno fatte altre, Napoli e Atalanta. Partiamo dagli azzurri. Pronostico azzeccato, pronostico di agosto ovviamente: il Napoli parte sempre con la marcia più alta e poi arranca, si spegne, finisce la benzina, ingrippa il motore sul più bello. Il Napoli non è allenato nella marcia, è allenato solo nella corsa e questo per i campani è un serio problema da tempo. Chi ne sa di corsa (i runner) insegna che per vincere le maratone bisogna allenarsi prima sul passo corto. Corto ma costante. Il Napoli fa l’esatto opposto e soffre, soffre sempre. La favola di Rino Gattuso è alla sua conclusione. In Italia funziona così, è tradizione: quando le cose vanno storte salta l’allenatore, è colpa del pilota anche se il problema è soffocato negli ingranaggi. Il cambio alla guida tecnica a volte funziona (guardate il Toro cosa sta facendo senza Giampaolo e con Nicola al volante), spesso però non cambia nulla. La love story tra il presidente De Laurentiis e Rino è ai titoli di coda. Il padron del Napoli non ha apprezzato certe uscite del suo allenatore e certe soluzioni tecniche a suo dire di poco senso. Siamo alle solite: quando la proprietà si fa strada degli affari dello staff tecnico è il caos. Come mescolare una manciata di sale nell’impasto del tiramisù. Cosa può venir fuori? De Laurentiis è il sale che rende amare da anni le stagioni dei partenopei. Mina gli equilibri, il clima dello spogliatoio e il finale è sempre lo stesso. Ora si parla di ritorni, minestre riscaldate per restare in argomento saporito. Da una parte Rafa Benitez, dall’altra Walter Mazzarri. È il momento delle consultazioni anche a Castelvolturno. Il primo è in vantaggio, dicono in stretto collegamento – quotidiano – con il focoso Aurelio. Sarà decisiva la sfida di metà settimana in Coppa Italia tra Napoli e Atalanta, in programma a Bergamo. Se gli azzurri verranno eliminati a tornare a casa sarà anche Ringhio. Ma ci resterà poco: uno come lui ha la panchina nel destino, è lottatore nato e abituato a vivere in battaglia, troverà presto un altra arena pronta a incitarlo.

Dea (poco) bendata, Dea incornata

Atalanta-Napoli non sarà un bivio cruciale invece per Gasperini. Il Gasp non è in bilico nonostante la stagione della Dea si sia improvvisamente incrinata dinnanzi a Lazio e Torino. Solo la finale di Coppa Italia e un miracolo in Champions contro il Real Madrid possono allungare un tramonto che pare ormai scritto. Non è l’Atalanta in crescita della scorsa stagione, qualcosa al suo interno si è rotto (il caso Gomez è in copertina) mentre nel ritmo in campo è più altalenante. Il 3-3 del weekend contro il nuovo Toro di Nicola è tra le scene più scioccanti del film nero-azzurro 2020/2021. Da 3-0 a 3-3 è calo e risultato che brucia e brucerà almeno per tutta la settimana. Dodici punti sono troppi dalla vetta anche se manca ancora un girone a fine campionato. L’unica elemento che giova ai bergamaschi è la tabella degli scontri diretti, il confronto vis a vis con le prime della classe, le più vicine avversarie almeno a un piazzamento in Champions: tolto il ko netto al San Paolo a ottobre, la Dea ha collezionato punti con tutte le altre big. Il Milan capolista addirittura è stato divorato con un secco 3-0 San Siro senza appello.

Motorino Theo e il Milan resiste

Tra i promossi del weekend c’è appunto il Milan. O meglio, andando un po’ controcorrente rispetto al giudizio generale offerto dai Media c’è Theo Hernandez. Né Ibra, né Rebic, autori entrambi di una doppietta nel 4-0 tondo del Meazza. Il nostro speciale MVP è il terzino ex Real. Dalle parti del Santiago Bernabeu più di qualcuno si sta strappando i capelli per essersi fatto scappare il gioiellino francese, tra i più forti del ruolo oggi in attività. Theo era arrivato a Milanello per una cifra prossima a 20 milioni di euro, ora ne vale almeno 50. Secondo il noto portale calcistico Transfermarkt è per valore sul podio dei migliori terzini sinistri protagonisti in Europa. Nella domenica rossonera contro la compagine calabrese allenata da Stroppa è risultato fondamentale. Theo è stato il motorino che ha acceso tutto il Milan: quando Hernandez attiva il turbo il Milan di Pioli scappa. Funziona così. Al contrario, quando Theo resta in folle – come contro la Juventus nel big match di San Siro – il Milan viaggia più lento, con un andamento da crociera il più delle volte poco produttivo. Ieri Theo è stato un diesel, un tempo partiva forte fin dall’inizio. Non è un problema di infortuni, quelli che l’avevano bloccato nella sua prima stagione in rossonero ora sono solo un lontano ricordo. È generalmente meno continuo, forse un problema di testa, ma quando da gas è imprendibile. Theo scatta e con lui il Milan, che torna saldo al primo posto.

Vola l’aquila nel cielo…

Coralmente meno brillante nel creare spettacolo ma più solida rispetto al Diavolo è la Lazio di Simone Inzaghi. Ha trovato anche lei vita facile – almeno sulla carta – ospitando un Cagliari perennemente in letargo (un punto nelle ultime nove giornate). È bastato Ciro Immobile per archiviare un’altra giornata da primato: sesta vittoria consecutiva in campionato per l’aquila romana, che vola, vola altissimo e si posa delicatamente sul quarto posto. Ciruzzo il migliore, ma anche Reina, Leiva, Acerbi, Lazzari, Milinkovic hanno detto ampiamente la loro parte. Nell’azione del gol c’è la ricetta della rinascita dei biancocelesti: un difensore lancia – Acerbi –, un centrocampista raccoglie e di testa la piazza verso l’attaccante – Milinkovic per Immobile – e l’attaccante segna. Sempre lui, Ciro Immobile. Milinkovic e i suoi tocchi felpati regaleranno alla Lazio altre frizzanti occasioni. Un passo alla volta, a ritmo di tango, i ballerini di Inzaghi si stanno prendendo prepotentemente il centro della scena. L’unico neo è in quel 2-3 scolpito sul finale a San Siro contro il Milan a fine 2020. Oggi la Lazio con i due punti in più del Meazza avrebbe potuto godersi il terzo posto. Amarezza ampiamente sfumata. Per il podio c’è tutto il tempo.

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