Esistono giocatori capaci di spaccare le partite con una sola intuizione, un tocco, un’accelerazione. Già, ci sono calciatori che con un semplice cambio di passo riscrivono la trama di un incontro o di una stagione e lo riescono a fare con la naturalezza che è solo dei più grandi.
Kaká è stato uno di questi, uno dei pochi. Kaká è stato la scossa di terremoto che ha rivoluzionato il gioco del Milan a partire dal 2003.
Atterrato a Milano con l’aspetto di uno studente in erasmus, Ancelotti docet, è riuscito a farsi amare da tutti con una velocità impressionante, un po’ come quando in campo si allungava il pallone e sembrava non riuscire più a raggiungerlo e, invece, ci arrivava, sempre, ancora una volta, per primo.
Giocatore moderno, veloce, tecnico, intelligente e mai sopra le righe, è stato il diamante più puro in una squadra di stelle, la ventata di aria fresca per una squadra di leggende che avevano già scritto la storia su pagine di un libro che andavano via via ingiallendosi se non fosse stato per lui. Perché indubbiamente nel suo anno di grazia, il 2007, Kaká ha trascinato quel Milan, a suon di strappi devastanti e giocate da alieno, tanto che in certe notti di Champions il dubbio veniva pure a Compagnoni: “ancora lui, l’extraterrestre Kaká. Se continua così non serve antidoping bisogna fargli il test del DNA”.
Ricardo Izecson dos Santos Leite, per tutti Kaká è stato ala e trequartista, goleador e regista, è stato smoking bianco per Pellegatti e un eroe per i bambini dei primi anni del 2000. È stato un fenomeno, forse per non troppo tempo, ma quanto è bastato per illuminare San Siro e l’Old Trafford come un lampo accecante e irraggiungibile, come una stella cometa o un fulmine in una notte d’estate.
Buon compleanno Ricky