Curiosità Totti: le sue origini, conteso tra Lazio e Roma, l’esplosione con Zeman (nonostante i dubbi all’alba dell’accordo) e l’infortunio patito nel 2006 prima del Mondiale – il punto più alto della sua carriera – di cui porta i segni ancora oggi.
Raccontare la storia di un campione attraverso i suoi numeri non basta. Quelli però che accompagnano Francesco Totti e la sua lunga storia d’amore con la Roma dicono molto, probabilmente tutto, e lo dicono bene. Pazzeschi, inimitabili: quasi ottocento presenze con la maglia giallorossa (786 per essere puntigliosi) e 307 gol totali. Una rete ogni 2,56 partite. Matematica che diventa poesia. Probabilmente il talento più prezioso che il calcio italiano abbia mai lanciato nell’Olimpo dei grandi sportivi di tutti i tempi (la popstar Madonna pretese che fosse invitato a un party solo perché voleva conoscerlo), sicuramente l’unica bandiera che a Roma sventola più alta di tutte le alte, a dominare oltre il cupolone. A pochi giorni da Milan-Roma, grande classica del campionato di Serie A, andiamo alla scoperta del “pupone” attraverso cinque curiosità legate alla sua brillante carriera. Fatta sì di pochi trofei ma col più importante in bacheca, la Coppa del Mondo in azzurro nel 2006, e un’infinita catena di applausi a legare ogni stadio d’Italia che l’abbia potuto ammirare.
I DUBBI CON ZEMAN
Da una sponda all’altra del Tevere, dopo tre stagioni sulla panchina della Lazio Zdenek Zeman viene ingaggiato dalla Roma del presidente Franco Sensi. Zeman alla magica insieme al suo calcio offensivo e spettacolare, con quel modulo (il 4-3-3) che in biancoceleste aveva consegnato ai tabellini vagonate di gol (8-2 alla Fiorentina, 7-1 al Foggia, 4-0 a Inter e Juventus). Totti però sembrava scettico, tanto che a un compagno di spogliatoio nei giorni che seguirono all’annuncio disse «Co questo non gioco manco un minuto». Il romanzo scritto dall’accoppiata Totti-Zeman in verità racconterà capitoli memorabili. Fermo a quota 7 sigilli tra campionato e coppe, con l’ex Lazio alla guida tecnica Francesco ha raggiunto per la prima volta in giallorosso e confermato la doppia cifra nella classifica dei marcatori: 14 centri nella stagione 1997/98, 16 la stagione successiva).
OTTO VITI NELLA CAVIGLIA
Se potesse cancellare un solo giorno della sua interminabile carriera (ha smesso di giocare alla soglia dei 42 anni), senza nemmeno pensarci Francesco Totti eliminerebbe dall’elenco la partita contro l’Empoli del 19 febbraio 2006. Il comunicato della Roma fu una doccia gelata: “Frattura al livello del terzo medio del perone sinistro con associata lesione capsulo-legamentosa complessa del collo del piede sinistro”. Mondiale a rischio. Ce la farà, per fortuna aggiungeremmo oggi. Venne operato dal professor Mariani che – anni dopo rivelò – gli sistemò la caviglia con otto viti provvisorie: «Gli dissi che avrebbe dovuto toglierle dopo sette mesi, ma non lo ha mai fatto per paura».
LA MINESTRINA DI TOTTI
A ogni sportivo la sua dieta. Il più maniacale fu il re di coppe Filippo Inzaghi. SuperPippo ha fatto la gioia dei produttori di bresaola di mezza Italia. Ne divorava quintali. Pasta in bianco, bresaola e plasmon, per essere precisi. Totti non arrivava a tanto, lui romano “ner core” e buon gustaio nel DNA. Non che Pippo Inzaghi – ex Juve e Milan – non lo fosse (lui, invece, piacentino DOC) ma vuoi vivere nella Roma dei bucatini e della carbonara!? Sia chiaro, niente contro gli amici piemontesi o quelli lombardi (accaniti sostenitori della bagna cauda e della cassoeula, non proprio ricette però per atleti), ma Roma è Roma. Differente anche nel gusto. Eppure Totti qualche sacrificio lo fece eccome. Come quando dopo gli allenamenti lasciava Trigoria e faceva tappa nel suo ristorante di fiducia in pieno centro. Non lo attendevano pajata o salti in bocca, altre magie culinarie della tradizione della Capitale, ma una semplice e triste minestrina. Era un rito che seguì per anni, in inverno, in autunno, in primavera e in estate.
IL GLADIATORE AL BRACCIO
C’è un giorno invece che Francesco custodisce gelosamente nel cassetto dei ricordi. È quello che consegnò il terzo scudetto alla leggenda giallorossa. Era il 17 giugno 2001, data storica sui libroni romani al pari – si narra – di quando un certo Giulio Cesare conquistò la Gallia. La festa nel 2001 si estese dal prato dell’Olimpico su per Monte Mario e invase dirompente le vie della Città. Ubriachi di Roma. Roma era tornata eterna. E per rendere eterno il brivido di una stagione già di per se indimenticabile, Totti decise di lasciarlo ben impresso sulla pelle. Insieme all’amico e attore Claudio Amendola, dopo la festa scudetto Francesco si fece tatuare sul braccio destro un gladiatore e la sua spada, intendo a mettere in fuga il nemico. L’opera è del tatuatore Gabriele Donnini. È anche un omaggio al colossal omonimo uscito nelle sale cinematografiche proprio in quel periodo, quando Roma divenne capitale anche della Serie A.
I “NO” DI MAMMA FIORELLA
Che storia sarebbe stata se, al posto di quella rossonera, Franco Baresi avesse vestito la maglia dell’Inter da giovanissimo, dopo quel provino per il quale fu scartato perché “dal fisico troppo gracile”. O se Marco Van Basten non avesse mentito (o meglio, fosse stato zitto) dinnanzi a Berlusconi nella sua prima caotica estate di Milan. Dolorante alla caviglia, Marco era convinto di recuperare prima dell’inizio del campionato (era il 1987), poi si presentò a Milanello con un sacchetto di plastica, una tuta e un dolore che proprio non passava. Quando lo seppe Berlusconi andò su tutte le furie – si dice – ma il caso venne congelato tra le mura del centro sportivo di Carnago. Van Basten venne confermato e la storia che seguì, oggi – più o meno – si studia anche sui libri alle superiori. E chissà cosa avrebbero scritto quei volumi memorabili, patrimonio del nostro calcio, se Francesco Totti da piccolo si fosse legato alla Lazio, poi avversaria numero uno. Sarebbe di certo diventato una bandiera ma sulla sponda opposta del Tevere, comunque ottavo Re di Roma. Fu mamma Fiorella a opporsi, scegliendo per lui i colori giallorossi. In verità Francesco per alcuni anni venne tesserato dalla Polisportiva Lazio ma non praticò mai calcio. In biancoceleste si tuffò nel nuoto, prima di capire che con gli scarpini ai piedi le sue prestazioni erano decisamente migliori. Un livello superiore alla media. Mamma Fiorella quella volta fu determinante, cambio l’esito della storia. Come quando, un giorno del 1989 (Francesco aveva 13 anni) chiuse le porte in faccia a emissari del Milan mandati nella Capitale da Silvio Berlusconi con una valigetta piena di bigliettoni e una promessa: fare del piccolo Totti il più giovane Imperatore d’Europa.