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Caro Luciano, Fanculo Luciano

 

Caro Luciano,

ti do del “tu”, anche se non ci conosciamo. Mi hanno insegnato che si fa così, tra uomini.

Ti scrivo perché sai, ci sono rimasto male. Anzi, a dirla tutta mi hai fatto davvero arrabbiare.

Ho 37 anni e quando ero bambino sognavo di fare il calciatore. Come Baggio, come Batistuta, come Del Piero, come Totti.

Non sono romano, non sono romanista, ma amo il calcio, e resto un romantico, se non lo fossi stato avrei seguito gli scacchi anziché il calcio.

Nella vita ho imparato che è importante avere empatia, ti semplifica la quotidianità, ti fa vivere meglio. E ti fa amare. Baggio, Batistuta e Del Piero hanno smesso, Totti non ancora. Lo farà tra qualche giorno, e io mi sentirò un po’ più vecchio.

Ieri sera ero a San Siro solo per dargli l’ultimo saluto, per poter dire a mio figlio: “Sai, quello è Totti, quando avevo la tua età lo vedevo giocare, oggi lo vedi anche tu”. Stavate vincendo 1-3, mancavano 5 o 6 minuti alla fine, eravamo già tutti pronti per dedicargli un applauso. Sai, non sarebbe stato un applauso fine a sé stesso, sarebbe stato il modo di tre generazioni di dire grazie. Grazie per quello che ci hai dato, grazie per averci trasmesso emozioni in tutti questi anni.

Capisco tutto, tu devi gestire un gruppo, la Roma non è Totti, bla bla bla. Quello che non capisco, per un allenatore di una squadra importante come quella giallorossa, è la totale mancanza di empatia. Non solo con Francesco, ma con la gente. Quella comune come me, quella che voleva salutare Francesco.

Hai perso una grande occasione, e l’hai fatta perdere a me, a mio figlio, a mio padre e a Francesco.

Fanculo Luciano.

 

A noi piace salutarlo così:

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