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Tre anni senza Davide Astori

Dal 4 marzo 2018, chi ama e segue il calcio è più solo. Magari una parola forte, ma da quel giorno il tifoso ha un “amico” in meno: Davide Astori.

As Firenze 11/03/2018 – campionato di calcio serie A / Fiorentina-Benevento / foto Antonello Sammarco/Image Sport nella foto: striscione tifosi Fiorentina

L’allora capitano della Fiorentina, 31 anni, morì in una camera dell’hotel di Udine dove era in ritiro con la squadra per affrontare i friulani il giorno dopo. Quella domenica Udinese-Fiorentina non si disputò come non si disputò l’intero turno di campionato: troppo forte l’emozione per la perdita di un collega, troppo forte l’emozione per la perdita di un amico, troppo forte l’emozione nel perdere in quel modo un ragazzo di soli 31 anni educato, gentile e ben voluto da tutti.

Perché Davide Astori da San Giovanni Bianco, Bergamo, era davvero così: educato, gentile e benvoluto da tutti. In campo, come nella vita. E la notizia della sua morte ha mandato nello sconforto non solo i tifosi viola e di tutte le squadre dove il difensore bergamasco aveva giocato, ma tutti quelli che seguono il calcio e quelli che a malapena sanno di che colore è la maglia della Fiorentina.

Astori, da tre stagioni e mezzo in riva all’Arno, lasciava compagna e figlia di due anni e fino al momento della sua morte non aveva mai manifestato problemi di salute. Del resto, i calciatori (come tutti gli sportivi) sono controllati periodicamente con test che difficilmente sbagliano. Ed invece Davide Astori era morto, si scoprì a seguito dell’autopsia, per una “fribrillazione ventricolare da cardiomiopatia aritmogena”, un particolare problema cardiaco.

Un problema cardiaco che toglie la vita a chi ogni giorno è controllato da testa a piedi: roba non crederci, eppure era successo. E sono tanti i calciatori che ci hanno rimesso la vita per un cuore…matto: da Renato Curi ad Antonio Puerta, da Giuliano Taccola a Marc Vivien Foé fino a Piermario Morosini. Tanti, troppi.

E’ banale, ma quando muore una persona si parla sempre e solo bene di lei, come se fosse un dovere. Si parla sempre bene di Astori perché di lui non si può non parlarne bene. Lo dicono gli amici, lo dicono i compagni di squadra e quelli che lo hanno avuto in spogliatoio: leale, corretto, degno di fiducia, autentico, da prendere come esempio, umile, perbene. Alla faccia di chi pensa che i calciatori siano tutt’altro. Lui atipico per il calcio e lontano da luci e lustrini del gossip e degli scandali.

Con l’impegno e la devozione verso il gioco del calcio Davide Astori era partito dal Ponte San Pietro (Eccellenza bergamasca) ed era arrivato alle giovanili del Milan. Poi le due esperienze in Serie C1 con Pizzighettone e Cremonese e l’aereo per Cagliari, dove per sei stagioni, dal 2008 al 2014, difese i colori rossoblù arrivando fino alla Nazionale. Poi l’anno in prestito alla Roma e dal 2015 alla morte in maglia viola.

La Viola era davvero nel destino di Davide Astori: il suo primo gol segnato in Serie A è stato contro la Viola; esordì in giallorosso contro la Fiorentina, divenne per la prima volta capitano nella sua carriera di giocatore con la maglia della Fiorentina. Lui che definì Firenze ed il club gigliato la sua “dimensione ideale”.

Fu nominato capitano proprio all’inizio della stagione 2017/2018: ereditava la fascia da Gonzalo Rodriguez, sapeva di avere la fiducia dei compagni ed aveva accettato senza battere ciglio. L’essere capitano non è un ruolo facile: è il giocatore più esperto, il più dotato di leadership e carisma, quello che ci mette sempre la faccia e che mette sempre davanti la squadra a sé stesso, quello cui verrebbe da dare sempre del “lei”. Un incarico delicato che lui accettò in punta di piedi, ma con timidezza perché Davide Astori era così: timido, ma sapeva che se lo avevano scelto c’era un motivo solido e lui non voleva deludere nessuno. In particolare i suoi tifosi, quella della “Fiesole”, quelli che vedevano in lui il baluardo difensivo per far tornare grande la Viola e farla tornare in alto in classifica.

Il suo funerale nella basilica di Santa Croce fu un momento molto intenso, triste ma solenne. Ma sembrava di essere allo stadio, perché dentro lo stadio si è svolta la vita di Astori. La Fiorentina in suo onore (ed nel suo ricordo) ha deciso di ritirare la sua maglia numero 13 e da quel maledetto 4 marzo 2018, al minuto 13, di ogni partita, i tifosi della Fiorentina fanno un applauso spontaneo in ricordo del loro capitano.

Oggi Davide Astori avrebbe 34 anni e chissà cosa farebbe. Avrebbe potuto ancora nella Fiorentina, visto che a breve avrebbe firmato un rinnovo di contratto che lo avrebbe visto chiudere (forse) la carriera in maglia viola, ma il destino volle altro per lui.

A distanza di tre anni da quel maledetto 4 marzo 2018, Davide Astori manca. Manca ai tifosi, agli amici, alla compagna Francesca e alla figlia Vittoria, oggi cinque anni.

E sicuramente tra le cose che farebbe oggi, sarebbe quello di coccolarla e volerle bene. Manca come il pane, Davide Astori.

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