Alvaro Borja Morata Martin, nasce oggi a Madrid, 23 ottobre, ma del 1992, da mamma Susana e papà Alfonso. Oggi è sulla bocca di tutti – appassionati e addetti ai lavori – per le sue prodezze sul campo nel suo ritorno alla Juve. Ma da dove viene questo bomber giramondo, eterno sopravvalutato e sottovalutato, che forse ora potrebbe aver trovato la sua consacrazione? Facciamo un passo indietro.
Fin da bambino Alvaro “da del tu” alla pelota e fa intendere a chi lo circonda che sarebbe diventato un campione. I genitori e i parenti, ma anche gli amici, lo supportano e lo spingono verso i suoi sogni – cosa non sempre scontata. Alvaro cresce tra due stadi importantissimi: il Vicente Calderon dell’Atletico Madrid e il tempio del calcio mondiale, meglio noto come Santiago Bernabeu, santuario blanco del Real Madrid. Inevitabilmente, visto il talento del giovane Alvaro, avrebbe dovuto presto scegliere dove giocare, per quale top team della sua città. E qui subentra il padre, Alfonso Morata, che nonostante la tenerissima età del figlio e la maggiore vicinanza al campo di allenamento dell’Atletico della loro casa, sceglie di accettare per suo figlio l’offerta della Casa Blanca. A soli 3 anni Alvaro entra così nella cantera del Real Madrid. Influenzato nella tecnica e nella mentalità da campioni come Raul, Zinedine Zidane, Roberto Carlos e soprattutto dal suo idolo Fernando Morientes, il canterano cresce bene. A 13 anni però Alvaro pensa anche di cambiare casacca, allenandosi con l’Atletico per un breve periodo, prima di essere stoppato dal suo cattivo andamento scolastico e lasciando temporaneamente il calcio. Non tarda ad arrivare la reazione dei suoi allenatori, che chiamando suo padre chiedono spiegazione delle continue assenze dagli allenamenti del giovane Alvaro. Il padre, senza colpo ferire, risponde ai dirigenti Merengues che finché il figlio non avrà recuperato a scuola non sarebbe tornato a giocare a calcio. Questo smuove il canterano a dare tutto anche a scuola per poi potersi esprimere sul campo da calcio al meglio; l’influenza del padre sul figlio ancora una volta dunque è determinante nel suo percorso di crescita come giovane uomo e come futuro professionista, a tal punto che in un futuro prossimo proprio don Alfonso diventerà il manager del figlio.
La carriera di Alvaro alle giovanili, dopo lo stop per i voti negativi, procede spedita; diventa sempre più forte e maturo fisicamente e tecnicamente, fino a giungere alla prima squadra del Real, dove giocherà qualche anno trovando anche spazio e partecipando alla cavalcata dei Blancos verso la “Decima”. Ma c’è un aneddoto interessante legato alla prima esperienza di Morata in prima squadra al Real Madrid che viene direttamente dallo spogliatoio. Durante un allenamento il canterano, particolarmente in giornata, segna a ripetizione al grande Iker Casillas, esagerando forse nelle esultanze. Una volta rientrati nello spogliatoio Morata continua a “bullarsi”, fino a far traboccare il vaso indossando il berretto di Casillas, sghignazzando davanti ai compagni. A quel punto il capitano e portiere merengue, vedendo il troppo entusiasmo del giovane si alza e gli da un buffetto sul viso, avvicinandosi faccia a faccia minaccioso e dicendogli: “Puoi segnare un gol, ma non deridermi. Mai deridere un compagno”. Qualche tempo dopo, Iker ricambia la “cortesia” ad Alvaro che racconta così ai microfoni di RealMadridTv: «Avevo 17 anni e mi stavo allenando con la prima squadra nel tour precampionato. Casillas venne da me e mi disse che Josè Mourinho voleva parlarmi. Raggiunsi il mister, chiedendo di cosa aveva bisogno. Lui mi cacciò dicendo “Sparisci ragazzo”!’. Pagai lo scotto… e Casillas così mi fece capire cosa voleva dire essere un esordiente nel Real Madrid». Insomma, una grande lezione!