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La cura Messi, l’infanzia e l’esordio

La cura Messi, l'infanzia e l'esordio

Dopo il racconto di Bielsa nel primo episodio di Football Cast restiamo in Argentina, più precisamente sui campi di Rosario, ma passiamo dalla panchina al campo. Ha iniziato a giocare a calcio grazie alla nonna Celia, all’età di 5 anni. Si perché grazie a lei, Leo, va a vedere giocare, i fratelli maggiori, Matias e Rodrigo, allenati da Salvador Aparicio che è stato anche il primo allenatore della Pulce.

Quel giorno mancava un uomo in campo e Salvador ha chiesto alla mamma di Leo se poteva farlo giocare.
Lei risponde no ma Celia la convince.

“Che male c’è? Fallo giocare”!

Nel giugno di ogni anno dal 1987 si festeggia il compleanno di uno dei miglior giocatori di calcio di sempre.
Sono e forse siamo anche stufi di continuare a sentire di parallelismi futili.
Meglio lui o Cristiano Ronaldo?

È meglio lui o Maradona?
Beh, credo che se vogliamo essere onesti, e questo è un mio parere, credo che ognuno di loro sia stato il migliore di ogni epoca.
E se mi chiedete chi preferisco tra la pulce e CR7, vi dico che amo entrambi.
Perché sono riusciti a farci vivere una delle pagine di calcio più belle di sempre.

Un dualismo sano.
Immaginiamo insieme se fosse esistito solo Messi, saremmo qui a raccontarci di un record storico: 13 palloni d’oro.
E ogni anno avremmo assistito alla solita scena noiosa, della celebrazione del pallone d’oro di France Football.
L’argentino dotato di una classe unica nel suo genere, il portoghese, che della cura del suo corpo, ha fatto il marchio di fabbrica.

Due figure in grado di riempire, da soli, gli stadi di tutta italia. Una figura, quella di Lionel, che non ha avuto vita facile, ed ora vi racconto la sua infanzia, partendo dai primi campetti in terra battuta, fino ad arrivare ai banchi di scuola, dove sedeva in fondo alla classe, quasi a mimetizzarsi tra gli altri. Ma quando è l’ora dell’intervallo, Lionel si trasforma, tirando fuori di se, il dono gratuito che ha ricevuto.

Da timido a leader, in una zona di comfort unica per lui.
L’insegnante della scuola primaria ha ricordato:

«Gli altri bambini lo volevano sempre in squadra con loro: sapevano che, con le sue gambette e le sue abilità nel dribbling, li avrebbe fatti vincere. Era il Piccolo Principe, i compagni lo ammiravano perché sapeva padroneggiare la palla.»

A 6 anni e mezzo entra nelle giovanili del Newell’s Old Boys agli ordini di Carlos Morales, un dei suoi primi allenatori:

«Leo parlava pochissimo ma prestava attenzione ai nostri consigli, dando prova di grande disciplina. All’epoca era veramente difficile immaginare che sarebbe diventato quello che è ora. Nonostante il suo immenso talento, ci domandavamo se la statura non gli avrebbe creato problemi per diventare professionista».

La classe 1987 del Newell’s è un’annata perfetta, vincono tutte le partite con più di 5 gol di scarto. Ma Leo resta il solito bambino introverso in grado di mandare in rete i suoi compagni, così come fa ancora oggi.

«Vincevamo con differenze reti impressionanti, al punto che non riuscivamo a tenere il conto. Io non dovevo far altro che aspettare che leo mi facesse l’ultimo passaggio»

Ricorda Diego Rovira il numero 9 della La Maquina (la piccola locomotiva) così erano stati soprannominati i terribili del Newell’s.

Ricorda ancora un aneddoto curioso.

«Passavamo pomeriggi interi a giocare alla Nintendo a casa mia con Lucas Scaglia, Gerardo Grighini e tutta la banda. Siccome mio padre è medico, andava spesso in Europa per partecipare a dei congressi e mi portava le maglie dei calciatori. Quando i compagni venivano a casa mia le tiravo fuori. Agli altri piaceva cambiare, ma Leo voleva sempre quella del centenario del Barça, blu da una parte e rossa dall’altra, con le scritte dorate e il numero di Rivaldo. Ero alto il doppio di lui e gli stava enorme. Alla fine della giornata era sempre la stessa storia: non voleva ridarmela».

La cura Messi

Gli anni più difficili devono ancora arrivare per il piccolo Leo che a 10 anni è 10 cm più basso della media. Per i dirigenti non è un problema.
Nessuno di loro poteva immaginare di avere un talento tra le mani. Anche perché lo usano per fare intrattenimento.
Nell’intervallo della prima squadra professionistica. Messi viene mandato in campo palleggiando come se fosse un giocoliere, fino a quando nel dicembre 1996 non viene consigliato alla famiglia Messi di consultare un endocrinologo;

La società di Rosario consiglia il dottor Diego Schwarzstein che accoglie la famiglia e il piccolo il 31 gennaio del 1997.
Sono serviti esami per tutto l’anno Per capire che questa malattia colpisce un bambino su 20.000. L’unico problema è che la cura di questa malattia è molto costosa. Servono intorno ai 1500 dollari al mese, con la promessa che diventerà più alto di Maradona.

“Soffriva di un deficit dell’ormone della crescita. Parziale, non totale. Perciò potevamo curarlo con iniezioni di ormone biosintetico. Per riequilibrare la carenza” 

Così ogni giorno dagli inizi del 1998 inizia la cura. Iniettandosi l’ormone di cui ha bisogno.

«Veniva spesso a casa nostra. Quando si fermava a dormire, arrivava sempre con il suo flacone, che metteva in frigorifero. A un certo punto andava in cucina, si iniettava la dose e poi tornava da noi come se niente fosse. Francamente, non mi è mai parso che fosse traumatizzato”

Ricorda Lucas Scaglia, grande amico di Lionel.

«Era come lavarmi i denti. All’inizio la gente mi chiedeva cosa fosse. Ma poi si sono abituati. Non mi pesava, perché sapevo che era importante per il mio futuro. E poi ero responsabile. Soprattutto quando si trattava di calcio».

La mutua assicura la cura per due anni, sollevando dal costo la famiglia Messi. Jorge, il papà è certo che la fuga dall’Argentina destinazione Barcellona sia anche causa della crisi che il paese stava vivendo. Né il Newell’s né il River Plate con cui era in prova, volevano o potevano farsene carico. All’età di 13 è già il momento dei primi saluti. Così nel settembre del 2000 Jorge e Lionel raggiungono la città dell’amore: Barcellona.

Il viaggio a Barcellona

Dopo il primo provino, i dirigenti del Barca, fanno attendere i Messi altre due settimane. Due settimane fatte di esami per valutare i problemi di crescita. Ma una sera il padre prende appuntamento al bar con Horacio Gaggioli, il loro referente a Barcellona, e dopo aver perso la pazienza, minaccia i 2 dirigenti blaugrana: “O lo prendete o torniamo in Argentina”.

Così Carlos Resciac, ridendo, fa firmare su un tovagliolino, il primo e unico storico contratto di Messi. Ma Lionel non ha ancora l’età per giocare le competizioni ufficiali. Fa il suo esordio con il Barca il 7 marzo del 2001, con i giovanissimi B Under 14, contro l’Amposta, siglando un gol alla fine. Nella seconda partita arriva il peggio; Contro il Tortosa si frattura tibia e perone.

Rientra la stagione seguente, scendendo in campo in 14 incontri, buttandola dentro 21 volte.

L’annata 1987, tra gli altri, è composta da Cesc Fabregas e Pique. Non un’annata qualunque. Tra il 2002 2003, nell’under 16 vincono tutto:

  • Campionato regionale
  • Coppa di Catalogna
  • Campionato di Spagna.

Fabregas e Messi giocano a chi ne fa di più. Ma Nel 2003 i due si dividono. Cesc va a giocare con i gunners e Lionel esordisce con i professionisti, il 16 novembre in un’amichevole, per l’inaugurazione dello stadio Do Dragao contro il Porto di Mourinho.

Durante la stagione giocherà con 4 squadre differenti. Ma nel 2004, Frank Rijkaard, lo convoca per la preparazione estiva nel Barcellona che conta: quello di Ronaldinho, Eto’o, Puyol, Xavi, rubando poco a poco il posto al francese Ludovic Giuly.

Per esordire in Liga, è bastato attendere il 16 ottobre 2004, contro l’Espanyol, a otto minuti dalla fine, in sostituzione a Deco.
Qualche presenza sporadica prima raggiungere un record.
Quel 1 maggio 2005 Messi è diventato il più giovane ad andare in gol con la maglia blaugrana.

Nella storia della Liga a soli 17 anni 10 mesi e 7 giorni.
Chiuderanno il campionato in prima posizione, con 4 punti di vantaggio sui blancos e 19 sulla terza classificata Villareal del capocannoniere Diego Forlan con 25 reti a parimerito con Samuel Eto’o.

La licenza di sognare non è concessa a nessuno.
Perché il resto è storia dei giorni nostri.
L’unico sogno lo lasciamo ai Rosarini e a Messi.
Quello di vederlo giocare allo stadio Marcelo Bielsa
con la casacchina rossa e nera,
così come la prima indossata all’età di 5 anni,

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